Heidegger

Heidegger si batte contro il livellamento proprio dei tempi moderni, l’appiattimento e l’omologazione politica e sociale, prodotto della democrazia e del socialismo, di contro alla quale sostiene una società rigidamente gerarchica.


Heidegger

Link al video della lezione dell’Università popolare Antonio Gramsci su argomenti analoghi.

Segue da: Il massimo pensatore nazista

L’essere è nell’esserci (nell’uomo) un essere-nel-mondo

Per Martin Heidegger l’essere dell’esserci – ossia di quello che noi definiamo l’uomo – si manifesta nella sua esistenza temporale, nella sua quotidianità. Esistere per Heidegger significa, con un procedimento a lui caro di analisi etimologica generalmente forzata, ex-sistere, ossia star fuori dalla sfera trascendente dell’essere per darsi nella sfera della temporalità, dunque, ritornando a Kierkegaard della possibilità. L’essere è, perciò, in ciò che definiamo un essere-nel-mondo, inteso in primo luogo come mondo delle cose che ci circondano, la cui essenza è di essere strumenti, oggetti di cui ci si serve. Non esiste, dunque, per Heidegger una realtà delle cose distinta dalla loro utilizzabilità, per cui la scienza non è un’attività teoretica, ma è la premessa della tecnica quale manipolazione degli oggetti ai fini dell’esserci (dell’uomo). 

La critica alla tecnica e alla massificazione

La categoria di essere-nel-mondo è utilizzata da Heidegger in polemica contro ogni ispirazione all’universalità, all’oggettività e alla neutralità, contro la separazione tra soggetto e oggetto e il costituirsi di un oggetto suscettibile di essere indagato in modo oggettivo, scientifico, trascendendo la ineliminabile pluralità di valori rivendicata da Heidegger. L’adesione di Heidegger al nazismo non avviene sul terreno del modernismo reazionario. Heidegger desume da Nietzsche il rapporto tra tecnica da una parte e massificazione e quindi democrazia dall’altra. Dunque, Heidegger critica gli aspetti progressivi della tecnica e non i suoi usi funzionali al dominio delle classi proprietarie e alla sopraffazione dei lavoratori sfruttati. Peraltro, la critica alla tecnica e al pensiero calcolante non poteva non creare tensioni col regime nazista, il che non comporta, però, in nessun modo una rottura con esso. La denuncia della modernità è sicuramente un motivo di incontro di Heidegger con il nazismo nella condanna al liberalismo, al socialismo, alla democrazia e alla massificazione, ma diverrà anche un motivo di confronto critico – dopo la sconfitta di Stalingrado – nella definitiva resa dei conti di Heidegger con la modernità e con il pensiero calcolante. Quindi, la critica alla modernità, tema proprio della Kriegsideologie [ideologia apologeta della guerra], oltre alle idee dell’1789 investe anche la tecnica (la cui terra di elezione è considerata l’Inghilterra): il calcolare viene contrapposto al pensare, l’autentica civiltà e cultura (Kultur) al semplice comfort, alla Zivilisation sinonimo di cultura dell’utilità e ideologia del benessere, spirito borghese, attaccamento meschino alla sicurezza e alla felicità e fuga della dimensione elementare e pericolosa dell’esistenza. La critica alla Zivilisation e al pensiero tecnico e calcolante rischiava di entrare in rotta di collisione con la mobilitazione totale in funzione dello sforzo bellico. D’altra parte prima della sconfitta della Germania nazista si trattava di una contraddizione tutta interna al nazionalsocialismo, in cui come nel fascismo italiano, si scontravano i sostenitori dello strapaese ai sostenitori della stracittà per dirla con Gramsci. Con Heidegger evidentemente schierato con i primi, i più radicalmente reazionari.

La cura delle cose, la banalità della quotidianità e la chiacchiera

L’essere nel mondo dell’esserci (dell’uomo) si caratterizza, secondo Heidegger, essenzialmente come prendersi cura delle cose. L’uomo è immerso nel mondo e si disperde nella cura che ha delle cose, nel rapporto strumentale con gli oggetti. Anche nel rapporto con gli altri (esserci come con-essere; il mondo abitato dall’esserci è sempre condiviso con altri), l’esistenza è insidiata dalla banalità della quotidianità, dallo smarrimento della propria identità, diviene uniforme e anonima, adottando la lingua di tutti, la chiacchiera, che si esprime nel pronome impersonale si. L’esistenza è, a parere di Heidegger, tanto meno autentica quanto più si privilegia il presente con le sue cure meschine. La temporalità decade a un’attesa obliosa che tutto riduce al presente. L’essere gettato nel mondo è dominato dal Si impersonale. Heidegger analizza tre forme di inautenticità che sono forme di deiezione, di gettatezza, di caduta dell’Esserci sul piano delle cose: 1) la chiacchiera, dove ciò che conta è che si discorra; 2) la curiosità, cioè la ricerca della novità fine a se stessa; 3) l’equivoco, che si fonda sul sentito dire. In sintesi nell’inautenticità la parola sostituisce l’azione.

Il Si impersonale fugge l’angoscia della morte

“Il Si” per Heidegger “non ha il coraggio dell’angoscia davanti alla morte”, il saper guardare in faccia la morte è il presupposto del costituirsi dell’esistenza, dell’individualità nella sua autenticità. Sono questi i temi che hanno fatto considerare Heidegger il padre dell’esistenzialismo e proprio da qui partirà Sartre – il più significativo pensatore che si autodefinirà esistenzialista prima di approdare al marxismo. D’altra parte Heidegger ha rifiutato questo accostamento, sottolineando di aver mirato sempre alla costruzione di una ontologia.

La critica della modernità e il ritorno alla grecità originaria

Per Heidegger, inoltre, la sfera pubblica del Si [man in tedesco] si configurerà nel corso degli anni come la società moderna criticata dalla Kriegsideologie; la critica del Si, sulle orme di Nietzsche, si configura come critica della modernità, dell’uomo odierno, dell’ultimo uomo, posizione che ha delle implicazioni politiche in chiave reazionaria. Heidegger non interpreta Nietzsche come ateo, considera l’espressione “Dio è morto” non una negazione, ma un più intimo sì al Dio venturo. Per Heidegger la nuova religione è la ripresa della grecità originaria e in questo presenta punti di contatto con il neopaganesimo dei nazisti. Heidegger criticherà, da destra, il concordato dei nazisti con la chiesa cattolica – per lui la lotta al nichilismo presuppone la resa dei conti con la chiesa cattolica. Nietzsche viene considerato da Heidegger come compimento della parabola nichilista, ma anche come passaggio al secondo inizio. Dal 1933 l’unità intorno al nuovo regime si configura anche come unità intorno a Nietzsche.

L’angoscia distacca l’uomo dalle cose ponendolo nella prospettiva dell’essere-per-la-morte

L’esistenza in questa anonimità del si trova una sua quiete. Tuttavia, l’impersonalità, il banale si presentano come una falsa sicurezza che solo l’angoscia smaschera. La critica della sicurezza si configura in Hiedegger come critica all’ideale della felicità dei più, tipico della banalità massificata del mondo moderno. Anche in tal caso Heidegger si rifà alla contrapposizione tra Kultur e Zivilisation. A differenza della paura, che è sempre determinata, l’angoscia non ha oggetto, è immediata rivelazione del nulla, mediante cui si avverte l’insoddisfazione e il vuoto di un’esistenza banale. L’angoscia è la situazione emotiva che può aprire l’esistenza a una vita autentica, in quanto fa comprendere che l’essere nel mondo dell’uomo è un essere gettati nel mondo. In tal modo comprenderemmo che la noia è la caratteristica necessaria di un’esistenza banale. Nell’angoscia l’esserci comprende il proprio distacco dalle cose e anche di consistere nell’essere-libero-per, nell’essere progettualità autentica, vista nella prospettiva dell’essere-per-la-morte.

Tra le possibilità costitutive dell’esserci la più autentica è la morte

Del resto è la temporalità stessa a imporre, secondo Heidegger, la meditazione sulla morte, portando l’esserci (l’uomo) a cogliersi come essere per la morte, la quale entra a far parte della stessa progettualità umana. L’esserci per Heidegger ha in quanto tale le caratteristiche della finitudine, dell’esser gettato nel suo ci; ha la tendenza a smarrirsi nell’inautenticità dell’opinione comune. Tra le possibilità costitutive dell’esserci la più autentica è per Heidegger la morte. Mentre il vivere sul piano della banalità è un fuggire dinanzi alla morte, sul piano dell’autenticità è un essere per la morte, quale decisione anticipatrice, che progetta l’esistenza come un vivere per la morte. Finché l’esserci è come ente, non ha raggiunto la propria totalità, ma una volta che l’abbia raggiunta, tale raggiungimento comporta la perdita assoluta dell’essere nel mondo. Soprattutto in Germania l’esaltazione della morte di contro alla banalità e povertà spirituale della vita quotidiana – oltre alla celebrazione della volontà di potenza, alla necessità di affermare l’onore e l’autonomia nazionale – si legava alla transfigurazione in chiave spiritualistica della guerra (intesa come esercizio spirituale) in quanto luogo per eccellenza della vicinanza alla morte. Da qui il tema del campo di battaglia come luogo privilegiato per cogliere il senso autentico della vita. “Il tema dell’esistenza autentica e decisa”, che non conosce la paura e sa prendere consapevolezza di sé come essere-per-la-morte, questo tema che Essere e tempo riprende dalla Kriegsideologie, nella fase finale del secondo conflitto si configurerà come “disponibilità alla morte”, in nome della “verità dell’essere” e del rifiuto, sino all’estremo, della modernità.

La decisione anticipatrice: la storicità dell’uomo consiste nel suo destino

Nella vita autentica la dimensione temporale dell’esistenza acquista un significato differente da quello che aveva nella vita banale, come paura, routine, divenendo ora angoscia e decisione anticipatrice. La temporalità si rivolge così al futuro. Così se l’esistenza banale non ha storia, nell’esistenza autentica la storicità dell’uomo consiste nel suo destino. Heidegger contrappone il destino che non si lascia definire, che può essere solo vissuto, che è inaccessibile all’indagine scientifica, alla razionalità fondata sulla causalità, sul pensiero meccanico, sul calcolo. Come già Kierkegaard, Heidegger si batte contro il livellamento proprio dei tempi moderni, l’appiattimento e l’omologazione politica e sociale, prodotto della democrazia e del socialismo, di contro alla quale sostiene una società gerarchica.

L’irriducibile singolarità dell’esserci dell’individuo e di una determinata comunità umana

Heidegger fa valere l’irriducibile singolarità dell’esserci sia per l’individuo che per una determinata comunità umana con il risultato che, venendo a mancare qualsiasi istanza superiore, universale, capace di abbracciare tutti gli uomini, l’individuo finisce per essere risucchiato nella comunità storica determinata di cui si trova a far parte (il destino). Il destino è l’essenza, è l’elemento stabile nelle alterne vicende di una comunità storica, determinata e, quindi, non è sinonimo di universalità, ma di irriducibile peculiarità “la vera comunità popolare si tiene a debita distanza da un inconsistente affratellamento universale” afferma, infatti, Heidegger.

Tra la nullificazione dell’esistenza e la sua accettazione come destino

Se l’esistenza è in senso ontologico secondo Heidegger una colpa, l’unica salvezza è nell’assunzione di questa colpa, l’uomo della vita autentica continua a vivere la vita banale, ma con quel “distacco” che è proprio di chi ha avuto la rivelazione del nulla. Muovendosi fra la nullificazione dell’esistenza e la sua accettazione come destino la filosofia di Heidegger è una delle espressioni più caratteristiche della crisi culturale, morale e politica fra le due guerre mondiali, espressione ma non analisi e superamento della crisi, tanto è vero che Essere e tempo rimane incompiuto.

09/04/2021 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Renato Caputo

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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