Nel novembre scorso è uscita, per i tipi della Città del Sole, una raccolta di articoli dello scomparso Alessandro Mazzone curata dal suo allievo Roberto Fineschi [1].
Mazzone è stato uno dei più fecondi studiosi marxisti. È stato fra i primi che ha seguito la nuova edizione critica delle opere di Marx, la MEGA2 e a lui si devono alcuni utilissimi resoconti per il lettore italiano di questa monumentale impresa.
In un capitolo introduttivo il curatore ci ricorda che in occasione del decennale della sua morte è stato fondata a Siena, città in cui quell’importante studioso ha insegnato a lungo e terminato la sua carriera accademica (non certo il suo impegno intellettuale), l’associazione “Laboratorio critico”. Anche chi scrive è onorato di aderirvi e di seguire l’uscita di alcuni saggi da essa pubblicati. Lo stesso Laboratorio ha esordito promuovendo l’uscita di questa raccolta.
Gli articoli qui collezionati si riferiscono al periodo terminale del lavoro di Mazzone che va dal 1999 al 2012 e contengono riflessioni sul materialismo storico da un punto di vista militante. Egli infatti, pur non aderendovi, aveva instaurato un rapporto con la Rete dei Comunisti e partecipato ad alcune sue iniziative. Fra i capitoli introduttivi c’è anche un omaggio dell’esponente della Rete medesima Mauro Casadio. Una gran parte di articoli erano stati pubblicati dalla rivista “Proteo” del Centro studi Cestes. Fa parte di questa sezione introduttiva anche un curriculum e autobiografia redatti originariamente in tedesco dall’Autore stesso per la Leibniz-Sozietät der Wissenshafren zu Berlin, una sorta di erede dell’Accademia delle Scienze della Repubblica Democratica Tedesca, in occasione della sua adesione a questa istituzione. De Domenico completa quel curriculum con una utile bibliografia degli scritti Mazzoniani.
Il curatore ha raggruppato gli articoli in tre parti. La prima, Per un’analisi del concetto di classe, raccoglie tre articoli che abbracciano le tematiche del sindacato, della storia del movimento operaio, della centrale nozione di egemonia e delle trasformazioni che hanno investito le classi nel mondo moderno.
La seconda parte, Teoria della storia e della transizione, si compone di cinque articoli e si concentra sulle esperienze rivoluzionarie di transizione al socialismo del ’900, sul modo di produzione capitalistico, sul concetto di formazione economico-sociale, ragionando anche sui concetti di mondializzazione e globalizzazione, con il filtro della nozione di “riproduzione sociale complessiva mondiale”, e sul plusvalore nell’epoca di una forte presenza del lavoro intellettuale. Tutto questo, contrariamente a molte mode attuali, tenendo fermo il metodo del materialismo storico.
La terza parte, Stato moderno, democrazia, imperialismo comprende una riflessione sull’opera giovanile di Marx, La questione ebraica, che è il primo approccio del padre del socialismo scientifico sulla questione dello Stato, di un’esame dell’imperialismo moderno, del rapporto fra modo di produzione e comunicazione e del ruolo dell’Università.
Il libro si conclude con l’introduzione all’importante volume, curato dallo stesso Mazzone, MEGA2 . Marx ritrovato grazie alla nuova edizione critica, ed. Mediaprint, 2022.
Non c’è qui lo spazio per una descrizione, anche sommaria, dell’originale riflessione teorica dell’Autore. Il suo merito maggiore mi pare un approfondimento, non dogmatico e in chiave gramsciana, del rapporto fra struttura e sovrastruttura. Il concetto di “riproduzione sociale complessiva” abbraccia appunto l’insieme delle attività non solo produttive. Senza le componenti ideologiche, giuridiche ecc. non sarebbe possibile tale riproduzione. Il lavoro teorico e politico pertanto deve prendere in considerazione questo insieme. Da qui la necessità ineliminabile di arricchire la teoria marxiana del modo di produzione, con approfondimenti specifici che riguardano le diverse formazioni economiche-sociali, i diversi concreti processi storici e la lotta per l’egemonia. La teoria marxiana, in sostanza, è concepita come base per sviluppare, come fecero Lenin e Gramsci, una più complessa e articolata teoria della transizione che tenga conto dei nessi fra storia e teoria e fra teoria e prassi.
Questa riflessione, come pure quella sul rapporto tra forme e figure storiche, cui accenneremo verso la fine, sarà ripresa nella successiva elaborazione di Roberto Fineschi.
La stessa analisi della configurazione attuale dell’imperialismo poggia sul processo storico di trasformazione del modo di produzione capitalistico, indotto anche dalle lotte di classe, e la transizione verso il socialismo è ritenuta possibile se si connettono le dinamiche strutturali e sovrastrutturali, le articolazioni delle classi e dei rapporti di forza.
Se l’Autore accoglie la nozione che sia il capitale il soggetto del processo di produzione, non gli sfugge che tale processo si affermi nella dialettica con il lavoro vivo, suo complemento indispensabile, ancorché con esso conflittuale. Dato che la sussunzione del lavoro al capitale non riguarda per Mazzone solo il processo lavorativo ma l’imperialismo e le oligarchie finanziarie sussumono pervasivamente al loro dominio economico e politico l’intera vita, allora anche la lotta per l’egemonia deve investire questo più ampio terreno. Da qui l’esigenza di studiare l’imperialismo “moderno” nelle sue sfaccettature per la “impresa sterminata” di comprendere “la natura delle forze in gioco, ma di tutte le forze, economiche, politiche, morali culturali, in tutto il mondo”.
Altro elemento importante è la ripresa del concetto marxiano di “lavoratore complessivo”. Dal momento che la classe lavoratrice è stata frammentata in mille schegge, sfugge che il lavoratore complessivo non scompare, come sostengono commentatori à la page, ma si accresce. Anche in questo caso soccorre la dialettica: la frammentazione tende a bloccare il processo di unificazione della classe e del genere umano, ma nello stesso tempo l’espansione del lavoratore complessivo rende possibile questa unificazione. Tuttavia la coscienza di classe, per pervenire a questa unificazione, vista la configurazione del mondo del lavoro, può essere solo il risultato di un processo in cui l’oggettività del lavoratore complessivo diviene anche soggettività, il che presuppone lo sforzo di ricerca, di formazione e di un’adeguata prassi, la presa di coscienza che le figure storiche con cui si presenta oggi il mondo del lavoro non sono che l’espressione, azzarderei a dire fenomenica, di questo lavoratore complessivo.
Per questo complesso, ma denso e utile contributo, la lettura del libro è raccomandabile a tutti coloro che vogliono portare avanti l’impegno per la trasformazione sociale.
Note:
[1] Alessandro Mazzone, Per una teoria del conflitto. Scritti 1999-2012, a cura di Roberto Fineschi, La Città del Sole, Napoli, 2022.