Ferruccio Pinotti ha messo le mani nella marmellata del Movimento dei Focolari

Recensione del libro di Ferruccio Pinotti sulla poco conosciuta realtà del Movimento dei Focolari.


Ferruccio Pinotti ha messo le mani nella marmellata del Movimento dei Focolari

Ferruccio Pinotti, storica firma del “Corriere della Sera”, ci ha abituati da anni a pubblicazioni di grande interesse, frutto di indagini approfondite su alcune realtà poco indagate quali l’Opus Dei, la massoneria vaticana, Woytila, gli scheletri finanziari della sinistra italiana e altri. Questa volta il suo interesse e la sua professionalità si sono indirizzati verso una tra le più potenti, e meno note al grande pubblico, realtà del cattolicesimo: il Movimento dei Focolari.

Il titolo del libro, edito per i tipi di Piemme, è La setta divina. Il movimento dei Focolari tra misticismo, abusi e potere. 

Attraverso la testimonianza di ex aderenti al Movimento e di persone che ne sono entrate a conoscenza, Pinotti ricostruisce lo sviluppo di questa realtà che, nata a Trento negli anni della Seconda guerra mondiale per opera della giovane Chiara (all’anagrafe Silvia) Lubich e di alcune sue fedelissime amiche, ha finito per espandersi in circa 180 paesi in tutto il mondo, portando i suoi valori di adesione alla parola della fondatrice e creando anche alcune opere caritatevoli, spesso purtroppo indirizzate soltanto a benestanti cui viene richiesto il pagamento dei servizi.

Pinotti afferma che la sua analisi si basa su testimonianze dirette e infatti i particolari che vengono fuori sono legati alla quotidianità abbastanza distopica di una comunità che abbassa la testa di fronte a una donna che si dichiara la Madonna e che afferma: “l’Unità è Unità e dunque un’anima sola deve vivere; la mia”. Il testo contiene decine di citazioni di questo genere in cui la Lubich, con grande considerazione di sé, dice di essere Cristo, quando non sua madre, e in quanto tale riserva a se stessa un’idolatria assoluta posta a fondamento del Movimento. Potremmo aprire, ma non lo faremo, una parentesi sulla storica avversione degli ambienti cattolici alla psicoanalisi e alle sue filiazioni; ma, appunto, non lo faremo. Con grande rammarico, però, perché un buon psicoanalista avrebbe fatto davvero miracoli su una mente così disturbata e avrebbe potuto evitare tanti danni e sofferenze a migliaia di persone. 

Oltre all’idolatria del capo, i testimoni di Pinotti raccontano storie davvero pesanti, tipiche di qualsiasi setta che in nome di un dio sacrifica l’esistenza e i soldi dei suoi adepti. Sì, perché il Movimento dei Focolari è una realtà economicamente solidissima, come tutte le sue consorelle, e i risparmi dei fedeli sono da sempre messi a disposizione delle necessità “ultraterrene” della dirigenza. I testimoni raccontano di soggiorni prolungati (anche tre anni consecutivi) della Lubich in costosissime cliniche psichiatriche svizzere, nelle quali si è ritirata ogni volta che i suoi problemi di salute mentale lo hanno richiesto. Il pagamento, ovviamente, era a carico del movimento. Ecco, quindi forse qualche problema c’era. Si dice che la Lubich vi abbia trascorso anche gli ultimi anni di vita, durante i quali avrebbe perso la fede. Ciò la rende più simpatica, o comunque meno antipatica; quasi umana. Ha sbagliato ma alla fine se ne è accorta: meglio tardi... I focolari, ovviamente, negano questa perdita di fede e, in modo strisciante, la paragonano semmai a quella dei grandi mistici come santa Teresa d’Avila o san Francesco, tentati in fondo ai loro giorni dal demonio: la ragazza, quindi, è in buona compagnia. Beata lei!

Beata davvero! La causa di beatificazione della Lubich è stata portata avanti da uno dei molti cardinali di area focolarina (sembra circa il 30% degli aventi diritto a sedere al prossimo conclave), mons. Giovanni Angelo Becciu, incappato nella triste vicenda della vendita dell’immobile londinese che tanti dolori ha dato al povero papa Francesco. Non sappiamo se ciò creerà problemi alla causa, ma certamente ci racconta che tutto questo amore per Dio forse nasconde qualche piccola pecca e che dietro a tanta elevazione spirituale c’è una ingorda gestione di enormi quantità di denaro.

Chi ha svolto i propri anni lavorativi all’interno del Movimento, o come interno alle sue strutture, ha subito invece una ben misera sorte; i primi, quando hanno deciso di abbandonare il focolare o il centro presso cui lavoravano, hanno appreso amaramente che nessuna cifra è stata versata loro per contributi pensionistici, anche a fronte di decenni di lavoro duro, senza ferie né permessi. Cecilia, una delle testimoni di Pinotti, parla di “lavoro senza tregua e gratis” e racconta: “lavoravamo molte ore al giorno, senza contratti, previdenza sociale e assicurazione per gli infortuni” (pagg. 248-49). Chi, invece, ha mantenuto la propria professione pur vivendo nelle strutture interne ai focolari, ha devoluto completamente ogni singolo stipendio, senza che niente gli sia stato riconosciuto in cambio. Il denaro è lo sterco del diavolo, come sappiamo, ma evidentemente lo sterco non è per forza cosa sporca. Pecunia non olet, o comunque non è difficile tapparsi il naso. 

La mentalità della formichina che deve accumulare per finanziare la causa è tipica del Movimento dei Focolari. Gli stessi aderenti riconoscono a se stessi misere paghette, quasi esclusivamente di sussistenza. Il resto deve andare alla dirigenza, che lo utilizza per cause umanitarie, molte delle quali però, come abbiamo già detto, indirizzate a chi può permettersele. Esempio ne è l’ospedale di Fontem, in Camerun, che offre cure mediche all’avanguardia ma solo a chi può pagarne il canone. Non esattamente lo spirito cui ci hanno abituato organizzazioni quali Medici senza Frontiere, Emergency o Save the Children, che si vantano di non fare distinzioni tra gli ammalati. I focolarini di Fontem le distinzioni le fanno, eccome.

Oltre a questi fenomeni a largo spettro, i testimoni intervistati da Ferruccio Pinotti nel suo ottimo libro, parlano anche delle ricadute umane che la militanza focolarina ha avuto sulla vita di tanti: suicidi, crisi depressive anche molto gravi, vera e propria persecuzione messe in atto dai dirigenti locali su chi non accetta di omologarsi completamente; lavaggi del cervello e pesanti cure psichiatriche prescritte dagli pschiatri del Movimento a chi si dichiara omosessuale. E poi, per tutti, l’allontanamento dalla famiglia di origine, vista come agente di distrazione e ostacolo al raggiungimento della santità; lo screditamento delle opinioni espresse da genitori e fratelli e la distanza affettiva imposta anche nei confronti dei propri figli. Martina Castagna e Guido Licastro, focolarini sposati genovesi, usciti dal Movimento dopo decenni di militanza, raccontano a Pinotti (pagg. 179-203) la difficoltà di fare vita di famiglia e il continuo invito dei dirigenti a “lasciare i figli a X” per andare agli incontri organizzati. Anche la pressione per versare soldi viene raccontata dall’ex coppia focolarina che, a distanza di anni dall’uscita dal Movimento, dichiara la difficoltà a superare questa esperienza di coercizione e negazione degli affetti più veri. I figli sono cresciuti, in qualche modo, ma la famiglia non c’era e loro ne hanno pagato un prezzo altissimo. Sono cresciuti nonostante il Movimento e le conseguenze di ciò sono difficilmente contabilizzabili.

Le persone intervistate parlano anche di matrimoni combinati, rotture imposte tra figli e genitori: insomma, tutto ciò che di più sacro vi è nella vita viene passato al setaccio e scomposto fino a renderlo inoffensivo.

Come tutte le sette, anche i focolarini hanno un gergo all’interno del quale si nasconde la durissima disciplina cui sono costretti: c'è “Gesù abbandonato”, che serve a giustificare ogni dolore e indica all’adepto la necessità di chinarsi alla superiore volontà di Dio; c'è “Gesù in mezzo”, che è simbolo della necessità di “fare unità” nel nome non tanto di Dio quanto di Chiara, escludendo tutto ciò che è estraneo. Ci sono mille sigle e modi di dire che danno agli aderenti l’illusione di far parte di qualcosa di grande cui è necessario sacrificare se stessi.

Tutte queste crudeltà (perché tali sono) sembrano però perdere consistenza di fronte alle storie di pedofilia che, già dagli anni Settanta vengono nascoste al grande pubblico ma di cui la dirigenza sembra non essere a conoscenza. Il direttore di “Città Nuova”, per esempio, periodico del Movimento ma anche casa editrice, Rino Foradori, nel 2000 viene trovato in possesso di molto materiale pedo-pornografico. A tale scoperta fanno seguito le testimonianze di giovani abusati che si fanno coraggio e decidono di denunciare gli atti subiti dal giornalista. Caduto nella trappola tesagli dalla polizia, Foradori richiede prestazioni a un sedicente quindicenne che si rivela però essere un uomo delle forze dell’ordine che lo arresta. Grazie alle amicizie importanti del Movimento, l’imputato riesce a fuggire in Argentina dove dirige (esatto: dirige) l’edizione locale di “Città Nuova”. Niente di nuovo sotto il sole, quindi: l’Italia è abituata a questo tipo di soluzioni; muta solo il movente: qui si fa “per volontà di Dio”.

Stesso, tristissimo, spettacolo, in Francia, dove da un paio di anni i focolarini sono stati messi sotto il focus dell’opinione pubblica dalla denuncia per violenze fatta da numerosi giovani contro Jean-Michel Merlin, anch’egli direttore della locale edizione della rivista “Città Nuova”. Le violenze sessuali, perpetrate già dagli anni Settanta, vengono denunciate sin dagli inizi degli anni Ottanta, ma soltanto da poco si è riusciti a scoperchiare il pentolone e mettere il Movimento di fronte all’orrore. Orrore a cui ha risposto con il sorriso sulle labbra e la serenità olimpica di chi sa di essere sostanzialmente intoccabile. 

Gli eventi, le violenze, i soprusi e le bugie che sembrano nascondersi dietro quella che si autodefinisce “Opera di Maria” sono innumerevoli ma tutti trattati con serietà, onestà intellettuale e uso di numerose fonti da parte di Ferruccio Pinotti. Per chi ha conosciuto la realtà focolarina questo libro è un vero e proprio pugno nello stomaco perché fa comprendere che, forse, non sarebbe stato così difficile vedere il marcio che qualcuno intuiva ci fosse... se solo si fosse voluto vederlo

Al netto delle vite distrutte e delle famiglie disgregate, l’opera di Chiara Lubich è interessante da studiare perché ci mostra quanto, nonostante la cultura e il progresso, l’uomo sia ancora soggetto a cadere nella rete dei manipolatori di coscienze; di coloro che, usando come piede di porco dolori e traumi personali, fanno polpette della vita dei più fragili.

Ferruccio Pinotti ha alzato tutta questa polvere ma il Movimento dei Focolari, con il suo sorriso smagliante, ha rimandato tutto al mittente. Un muro di gomma contro cui va a sbattere chiunque provi a cambiare qualcosa o a rimettere in piedi nuclei famigliari rovinati da questo fanatismo scellerato. 

Al giornalista Pinotti il merito di aver condotto un’indagine seria e ben documentata, senza cadere in fanatismi o odi aprioristici. Il libro, seppure non breve (487 pagine) si legge benissimo e le voci dei testimoni escono dalle pagine con la chiarezza e la forza che soltanto la verità sa tirare fuori.

 

21/01/2022 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Silvia Fuochi

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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