I CPR previsti dall’accordo italo-albanese sono molto lontani dall’essere realizzati ma, a differenza della vulgata generale che ne approfitta per rinfacciare al governo di avere promesso cose che poi non ha realizzato, io non mi sento esattamente male al pensiero che quella roba resti il più a lungo possibile solo uno scarabocchio su una carta. So che si tratta di una pia illusione, so, purtroppo, che, al contrario, è solo questione di tempo prima che queste realtà diventino la nuova quotidianità e che sia normalizzata per l’opinione pubblica europea la deportazione di persone - prive evidentemente del nostro stesso diritto a emigrare e a spostarsi e a disporre del proprio corpo e delle proprie libertà - verso carceri poste ai margini del nostro continente martoriato da decenni di finzioni sull’ “Occidente libero” che oggi, però, devono convivere con la necessità di preservare i propri privilegi e selezionarsi la manodopera in arrivo, mentre continuiamo a fomentare guerre in tutto il mondo e a giocare ad uno squallido risiko. A proposito di selezione, forse forse sta venendo in mente a qualcuno dei lor signori che una parte dei clandestini richiedenti asilo possa avere una via preferenziale per ottenere la cittadinanza, ossia quella di arruolarsi nella legione straniera per andare a combattere in Ucraina? Dato il livello di barbarie cui si scivola di giorno in giorno non mi stupirebbe. Ieri sera assistevo ad un dibattito televisivo in onda su una nota emittente che stava trattando il tema della guerra russo-ucraina quando, a un certo punto, la mia attenzione è stata catturata da un dialogo surreale ma particolarmente illuminante intercorso tra due ospiti della trasmissione: uno, parlando, ricordava l’ammontare dei morti che la guerra, da ambo le parti, aveva portato sino ad oggi e lo faceva dicendo “abbiamo moltissimi morti sia ucraini sia russi…”; veniva improvvisamente interrotto da un altro ospite - un saggista e giornalista molto noto - che si stupiva dell’utilizzo della locuzione “abbiamo”, con ogni evidenza sottolineando la propria distanza tra se stesso - noto sostenitore della c.d. resistenza ucraina - e i morti di una guerra che pure si vuole fomentare, di cui non si vogliono vedere i terrificanti effetti con la scusa che è stato esclusivamente l’invasore russo a causarla e pertanto le intere responsabilità di quanto accade ricadono solo su Putin. Al punto che i “creatori di opinioni” nostrani - che per anni ci hanno tartassato coi racconti unilaterali di quanto stava accadendo, con la censura nei confronti di tutto ciò che è russo, con la creazione di concetti del bene e del male assoluto incarnati da Zelensky contrapposto a Putin, con la vera e propria manipolazione dell’informazione - oggi in maniera esplicita ammettono candidamente di giocare letteralmente sulla pelle di persone che non considerano nemmeno tali, la cui morte rappresenta un fatto talmente distante da sottolineare con supponenza quell’ “abbiamo” detto da chi, forse, ancora cerca di mantenere una parvenza di umanità, come qualcosa di incomprensibile, di ridicolo e di sciocco addirittura. Roba da pelle d’oca. Successivamente nel corso della stessa trasmissione, d’altra parte, si ammetteva candidamente anche di avere preso in considerazione ciò che stava accadendo in Ucraina solamente a partire dalla cosiddetta invasione russa in avanti, senza alcun tipo di attenzione ai precedenti sette anni di guerra, come se non fossero mai esistiti, come se non contassero nulla o, peggio, come se non c’entrassero nulla con quanto avvenuto in seguito. Viva l’onestà.
Ma in un contesto del genere, dove neanche ci si vergogna di farsi scappare in diretta televisiva in prima serata esternazioni simili con riguardo ai morti in guerra, mi viene da dire che siamo rimasti in pochi, temo, a inorridire di fronte al cinismo e alla disumanizzazione con cui si trasmette in diretta e in chiaro il genocidio dei palestinesi, si finanzia una guerra che tanto crea morti che non ci riguardano, si deportano e si trattengono migranti che ci infastidiscono con la loro puzzolente povertà e disperazione, e via dicendo. La frittata è già fatta in parte ma dobbiamo arrivare a vedere direttamente negli occhi la morte e la devastazione per comprendere il senso di quel “Restiamo umani” a cui ci invitata Vittorio Arrigoni prima della sua morte avvenuta in Gaza già martoriata in quel lontano 2011?