Ugo Boghetta è il primo firmatario - insieme ad altri membri dell'associazione Indipendenza e Costituzione - di un appello dal titolo “Di chi è la colpa dell'invasione”, una “Lettera aperta ai Senatori e Deputati per la convocazione di un dibattito parlamentare per verificare le responsabilità di Napolitano e Berlusconi”.
Questo appello riporta molti aspetti interessanti ma è stato criticato per l'uso del termine “invasione” in riferimento ai flussi migratori in entrata nel nostro paese. Sgombero immediatamente il campo da una polemica inutile: non sto facendo una caccia al “rossobruno”, la storia politica di Boghetta parla da sola e la caccia alla strega rossobruna è troppo spesso una scusa per non affrontare le contraddizioni interne a quello che rimane del movimento comunista in Europa. Inoltre, nell'appello è chiarissimo che i migranti sono visti come parte lesa.
Quella che voglio articolare è una critica all'uso del termine “invasione”, poiché credo che quel termine finisca per vanificare tutto ciò che di condivisibile e utile c'è nell'appello, crea contraddizioni interne al discorso ed espone un'area che non ha un'adeguata solidità teorico-politica a pericolose derive.
Contro il termine “invasione”
Ci sono diversi validi motivi per cui il termine “invasione” è inaccettabile:
- Il termine “invasione” è leghista. Con un intervento su facebook, Boghetta ha difeso la scelta del termine come tecnico: “Il fatto è che quando, per lungo tempo, ed in modo sempre più massiccio, masse sempre più grandi entrano senza diritto in un altro paese il termine esatto è: invasione”, e fa notare che nell'appello i migranti sono indicati come vittime della situazione. Il problema è che l'uso delle parole in politica non è neutro e ci sono parole che hanno assunto significati precisi, parole che il campo progressista non può – ora, nelle condizioni attuali - contendere all'egemonia di destra: invasione, federalismo, merito, solo per fare alcuni esempi. La parola “merito” ci ricorda quanti compagni abbiano provato a usarla e sono finiti a essere usati.
- Il termine “invasione” usato per i flussi migratori oscura l'unica vera invasione avvenuta: quella della Libia da parte delle forze imperialiste. Anche in questo caso, usare la parola del nemico porta a usarla come il nemico. La destra blatera di invasione e nasconde sotto il tappeto le vere invasioni per cui ha lavorato: Afghanistan, Iraq, Libia, Siria ecc, ecc.
- Le teorie marxiste sulle migrazioni affermano essenzialmente che i flussi migratori seguono il percorso inverso al flusso imperialista di capitali (e di guerra). Nella difesa dell’appello, si dice che i migranti sono essenzialmente ceto medio urbano affascinato dal livello di vita europeo trasmesso dai media. Una tesi, questa, molto vicina alla micro-teoria dei sociologi dell'immigrazione liberali [1]. Aldilà della composizione di classe, si afferma essenzialmente che il fenomeno migratorio sia determinato da un'analisi di costi e benefici (percepiti) eseguita da singoli individui che razionalmente scelgono il comportamento (percepito come) più vantaggioso. Mentre giustamente si pone il problema dell'imperialismo ai danni dell'Italia, ci si dimentica dell'imperialismo ai danni dei paesi di origine dell'attuale ondata migratoria.
Per questi tre motivi, l'uso del termine “invasione” e la difesa di quel termine rischia di offuscare ciò che di positivo riporta la lettera aperta ai parlamentari italiani. In particolare:
- La sacrosanta messa sotto accusa di Napolitano e del suo ruolo di “uomo di Washington”;
- La sacrosanta messa sotto accusa di Berlusconi. Seppure minoritaria (ma nel nostro ambiente, anche le cose minoritarie purtroppo hanno un peso relativo), serpeggia l'idea di un Berlusconi eroe dell'indipendenza contro il golpe europeo. Certo, nell'autunno 2011 c'è stato un golpe europeo. Bisogna però intendersi, Berlusconi è stato rimosso in quanto non più in grado di eseguire gli ordini, non perché fosse all'improvviso diventato un campione degli interessi popolari e nazionali. Insieme all'idea del “Berlusconi antimperialista”, va spazzato il campo da tutte le illusioni sul “Salvini antimperialista” e sulla destra antimperialista. L'alleanza rossobruna contro l'imperialismo non esiste. La destra antimperialista non esiste.
- Il riconoscimento che si potesse fare altro. L'obbedienza cieca al patto atlantico non è un destino segnato. É una scelta politica continuamente riconfermata dalle classi dominanti del nostro paese.
Viviamo in un'epoca di grande confusione e spesso gli strumenti che abbiamo ereditato dalla “tradizione di sinistra” della seconda repubblica non sono adeguati. Una “revisione” di quella tradizione è necessaria sotto molti temi. L'atlantismo, l'europeismo, la riverenza nei confronti del capo dello stato sono questioni che vanno profondamente riviste. E sì, anche il dogma della libera circolazione va rimesso in discussione. D'altronde, in forme diverse, una certa revisione viene intrapresa da Corbyn, dai sindacati e dai comunisti britannici, viene intrapresa da Melenchon, viene intrapresa anche da compagni italiani al di sopra di ogni sospetto, come Emiliano Brancaccio. Ma no, l'invasione è una cosa diversa. Illuderci di poter ribaltare ora e subito l'uso delle parole del nemico non ci aiuterà.
[1] Per un confronto scientifico delle teorie sulle migrazioni, si veda Massey, Arango, Hugo, Kaouaouci, Pellegrino e Taylor, Theories of International Migration: A Review and Appraisal, in Population and Development Review, Vol. 19, No. 3, 1993