La vergognosa risoluzione con cui una variopinta maggioranza del Parlamento europeo promuove, con un concentrato francamente inaudito di falsificazioni ed omissioni, l’equiparazione tra nazismo e comunismo è lo sviluppo pericolosissimo di un progetto di lungo periodo delle classi dominanti. Un progetto che ha la duplice caratteristica della vendetta storica contro quel movimento che ha messo in discussione il potere della borghesia e dell’ipoteca sull’avvenire.
Questo progetto di distorsione (il termine revisionismo è probabilmente insufficiente) si è dispiegato mettendo in campo un apparato mediatico, editoriale, accademico con risorse praticamente illimitate. Le stesse istituzioni formative pubbliche ne sono state pesantemente permeate. Nella scuola pubblica italiana, nonostante la resistenza valorosa di tanti e tante docenti si è strutturato un discorso “revisionista”, in particolare facendo leva su un ambiguo uso della categoria di totalitarismo, che sta diventando senso comune. Un processo che si intreccia con quello più complessivo, ed anch’esso non casuale, di attacco alla dimensione storica nei percorsi scolastici.
È necessario reagire, anche perché, conoscendo la sensibilità degli apparati istituzionali della formazione al “sistema Europa” (sensibilità fatta anche di elementi assai concreti come finanziamenti, progetti, incarichi…) non è difficile immaginare che il segnale che viene dal Parlamento di Strasburgo verrà presto raccolto e amplificato.
Il dipartimento istruzione del PCI fa un appello al mondo della scuola ed all’intellettualità democratica per aprire una fase d’impegno serio su questo terreno. Un impegno che parta da una ricognizione ed uno studio serio della situazione reale: in quali forme la campagna revisionistica ha marciato nelle scuole? Quali sono i contenuti distorti di molti manuali in uso? Qual è il ruolo svolto da iniziative nazionali del ministero in questo senso? Come sono condizionati i percorsi di formazione degli insegnanti? Qual è il ruolo dell’Università? Una grande inchiesta dunque sulla macchina revisionista all’opera nel sistema nazionale dell’istruzione.
E accanto ad essa l’apertura di una campagna larga di dibattito che affronti il nodo dell’uso pubblico della storia, che sottoponga a critica i dispositivi egemonici che si sono affermati negli ultimi decenni.
Una battaglia politica e cultura essenziale per il futuro
Appello pubblicato sul sito internet del PCI il 23/09/2019