L’immagine della “grande famiglia” tanto cara al nuovo signore di Piombino, mister Jindal, mostra già le prime grandi crepe. Il Pater familias si dimostra per quello che è: un Padre-Padrone di tipo autoritario e che non sopporta critiche. Nella SUA fabbrica non c’è spazio per gli “sprechi”. Le norme igieniche sono uno spreco, a cui mettere mano solo dopo che si saranno realizzati profitti; ed ecco i lavoratori obbligati a lavarsi e cambiarsi in ambienti fatiscenti, nei quali si annidano virus e batteri non chiaramente identificati: siamo sicuri si tratti di legionella (comunque potenzialmente mortale) e non di altri peggiori in termini di estensione del contagio? Non abbiamo informazioni sull’attività (dovuta) dei servizi della Asl: è stata effettuata un’indagine indipendente? Con quali risultati? E se l’Asl non è intervenuta, cosa aspettano i sindacati a richiederla? Tanto più che ci sono lavoratori che sono rimasti infettati da punture di insetti.
Questa è la situazione nella quale operano i lavoratori riammessi in fabbrica: in barba ad ogni accordo, contratto, legge che stabilisce l’orario giornaliero, si esige che i lavoratori facciano ogni giorno un’ora di straordinario non retribuito! Questo significa pretendere che l’ingresso in fabbrica avvenga almeno mezz’ora prima e l’uscita almeno mezz’ora dopo il normale orario. Ricordiamo che alla Lucchini venivi richiamato se timbravi mezz’ora dopo l’orario di uscita, perché l’azienda non voleva incorrere in sanzioni. Questo nuovo padrone, consapevole del suo potere, se ne frega tranquillamente.
Secondo radio-fabbrica si sarebbe poi introdotto il “minutaggio”, cioè il controllo sui tempi considerati passivi nel ciclo, come ad esempio i tempi necessari per salire e scendere dalle gru, transitare da una zona all’altra, chiamare un pezzo dopo l’altro. Se tutto questo risultasse vero, comporterebbe un forte aumento dei ritmi ed un forte aumento dello stress, due indici significativi di rischio; l’assenza di report numericamente significativi di infortuni potrebbe far pensare (male, ma a volte ci si azzecca…) che i lavoratori, per paura o sotto minaccia, non li denuncino.
L’ultimo (e più significativo) segnale del peggioramento generale del clima sotto Jindal viene dal rapporto con i sindacati. Oggi come oggi, i sindacati (tutti, e in ordine sparso) richiedono timidamente un incontro o vengono bruscamente convocati per ricevere informazioni. Mai per concordare strategie produttive, parlare di condizioni di lavoro, di assunzioni o riduzioni di organico. Significativo l’andamento della vicenda dei lavoratori richiamati per eseguire interventi di restyling (?) e poi, contraddicendo anche le informazioni sui numeri e sui tempi, rinviati a casa dopo pochissimi giorni. Non vale neanche più la strategia della concertazione o della cogestione. Come Jindal ha preteso venisse scritto su quel verbale che è divenuto poi accordo riportato pure nell’accordo di programma, lui vuole il “supporto” totale dei sindacati (e per conseguenza dei lavoratori), senza discussioni o proteste.
Di fronte a questa situazione sollecitiamo una forte mobilitazione dei sindacati, per recuperare l’agibilità sindacale in fabbrica, per ridare sicurezza e dignità ai lavoratori, per dire che i lavoratori piombinesi hanno una forte tradizione di lotte e di conquiste che non può essere cancellata.
Ricominciamo con una forte azione per garantirci la continuità dell’attuale ammortizzatore sociale che permette di non cadere nella povertà assoluta. Dunque, a nessuno venga in mente, neppure all’azienda, di aggirare l’applicazione di tale ammortizzatore sociale per risparmiare su ferie e altri istituti contrattuali. Rivendichiamolo non solo per i lavoratori diretti, ma anche per gli indiretti degli appalti e per tutti coloro che hanno sofferto per questi anni buttati via, e soffrono oggi. Ricordiamo che gli ammortizzatori sociali sono al momento l’unico baluardo per arginare l’ulteriore degrado economico della zona; la disperata ricerca di un lavoro qualsiasi, al nero o sotto qualsiasi altra forma di ricatto, nonché l’emigrazione frustrante di giovani e meno giovani.