A Marino Sinibaldi, direttore RAI Radio3
Faccio seguito alla mia con cui auspicavo una rettifica di quanto affermato nella Rassegna Stampa di Radio 3 Mondo del 15 aprile scorso. Le dò atto dello sforzo per una parziale rettifica, nell’edizione del 17 aprile. Purtroppo “parziale” perché la stessa signora Lalovic - ben aiutata dalla giornalista Capuzzi all’uopo invitata - ha comunque tenuto il timone dritto sulla stessa meta: povera propaganda invece che informazione (per di più scopiazzando il peggio di un articolo di Liberation), cosicché quel minimo passaggio corretto alla fine è risultato confuso e sporcato dal resto.
Così, dopo aver ammesso che i medici della Brigada Henry Reeve sono in Italia a titolo gratuito, è tornata sul presunto lato oscuro di un’operazione definita di “soft power”: migliaia di medici inviati nel mondo povero sono schiavi perché pagati poco, perché ignari della loro destinazione, perché un capodelegazione - come un nostrano “caporale”- ritira loro il passaporto, perché non possono aver contatti con la popolazione locale (questa è esilarante: il regime ha insegnato ai medici a visitare i pazienti senza aver contatti…), e alla fine disertano.
E qui di nuovo citata, come nella precedente edizione, la Yoani Sanchez, che, seppur quasi ovunque scomparsa, pare invece molto considerata a Radio 3 Mondo, e con ostinazione, benché clamorosamente screditata dal suo patron che ne denunciò ormai anni fa l’interesse ai soldi più che a qualsivoglia “libertà”.
Quindi, visto che Cuba usa i medici perché all’estero facciano propaganda per la rivoluzione e visto che sono schiavi… Bolsonaro – preclaro difensore di diritti umani – al suo insediamento al potere li ha “rimpatriati” (sic!).
Ultima perla giornalistica: i medici rappresentano la più importante fonte di introiti per lo Stato, addirittura quantificata in 6 miliardi annui, ben al di sopra del turismo (dato fornito dal “si parla”…! dov’è la serietà dell’informazione?).
E comunque voglio rivelare alla signora Lalovic che a gran parte dell’umanità piace più chi esporta salute di chi esporta armi.
In conclusione, con amarezza devo rassegnarmi: in questa parte del mondo si è divenuti così cinici (e bari) da non riuscire più a concepire e riconoscere principi e valori. Umanità e solidarietà sono soft power, il guadagno, il profitto l’unica misura. Una civiltà decadente, moribonda. Ed è giusto così.
Anna Serena Bartolucci
Perugia,
17 aprile 2020
Lettera aperta a Marino Sinibaldi (direttore RAI Radio 3)
La colpa dei medici cubani
Ascolto con stupore la voce di Marina Lalovic, nel programma Radio3 Mondo di stamattina, mentre fa da megafono alla campagna di diffamazione delle missioni mediche cubane al lavoro in molti Paesi del mondo, campagna che viene da lontano (da oltreoceano, per l’esattezza) e che dimostra quanto siano disperati gli accusatori: la colpa dei medici cubani sarebbe quella di essere remunerati.
Detto in premessa che è francamente disgustoso il prestarsi a questa campagna mistificatoria proprio ora e proprio qui in Italia, dove abbiamo all’opera gratuitamente più di 80 operatori sanitari cubani, mi appello all’etica professionale di chi dirige questa rete e di chi ci lavora, inclusa la signora Lalovic –che voglio supporre semplicemente ignara-, perché si dia spazio alla rettifica.
Le missioni mediche cubane hanno organizzazioni diverse.
Le Brigadas Henry Reeve (che portano il nome di un giovane statunitense morto al fianco dei cubani nella guerra d’indipendenza dalla Spagna), vennero formate nel 2005, dopo il devastante uragano Katrina, con sanitari preparati per interventi di risposta rapida ad eventi catastrofici, in patria come dovunque nel mondo siano richieste, e in forma assolutamente gratuita. Hanno operato in decine di Paesi (America Latina, Africa, Asia), dopo terremoti, inondazioni, epidemie. Si tratta di VOLONTARI, che accettano il rischio insito in ognuna di queste missioni, solo mossi da etica solidale e umanistica (certo, dalle nostre parti questi termini risultano incomprensibili e perfino sospetti), gente per la quale il paziente non è un cliente e la medicina non è una merce.
Poi esistono professionisti cubani della sanità che prestano la propria opera all’estero (sempre come volontari), dietro accordi fra il Governo cubano e quello del Paese terzo, e sono accordi di diverso tipo, a seconda delle relazioni fra i due Paesi: dalla totale gratuità a diverse forme di ingaggio. E comunque, anche quando esiste un ingaggio, SEMPRE i sanitari cubani vanno a coprire le falle di assistenza medica del Paese ospitante, vanno cioè in quei luoghi difficili, abbandonati, lontani dalla “civiltà”, dove i medici locali non vogliono andare e dove spesso i beneficiari non hanno mai visto un camice bianco.
Se e quando queste prestazioni fossero remunerate mi domando e vi domando dove sia lo scandalo. Cuba –avverto- esporta anche altre professionalità: ingegneri, docenti, istruttori sportivi… Cuba non esporta petrolio. Esporta invece scienza e coscienza. E in questa nostra parte del mondo, soprattutto la seconda ricchezza pare ad alcuni molto nociva.
Aggiungo un’altra spina: proprio per rifornire i popoli di canne da pesca invece che di pesci, per formare medici locali invece che mandare in soccorso i propri, nel 1999 Cuba istituì la Escuela Latinoamericana de Medicina (ELAM) che ha laureato finora, gratuitamente, più di 30.000 giovani provenienti da famiglie povere di Paesi poveri di tutto il mondo (compresi statunitensi).
La signora Lalovic, stamattina, si è prestata alla campagna diffamatoria che ha lo scopo di offuscare la capacità scientifica e umana dei professionisti cubani della sanità, campagna montata e alimentata da chi non ha capacità, volontà e interesse per emularli.
Infangare l’altro per coprire il proprio puzzolente fango.
Grazie per l’attenzione.
Anna Serena Bartolucci
15 aprile 2020