I nostri media e i nostri politici utilizzano senza problemi il termine sanzioni e, in particolare, le maggiori potenze le impiegano senza preoccuparsi delle loro inevitabili conseguenze sulle popolazioni presenti negli Stati sanzionati, oltre che sul sistema delle relazioni internazionali.
È opportuno sottolineare che nel diritto internazionale si impiega il termine tecnico “misure unilaterali coercitive” quando si tratta di misure prese da alcuni Stati contro le violazioni di altri Stati (formalmente la Russia ha violato l’art. 2, paragrafo 4). È da sottolineare come tali misure coercitive sono state prese senza una decisione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ai sensi dell’art. 41 della Carta delle Nazioni Unite, la quale consente di adottare misure non implicanti l’uso della forza quando sia riscontrata una delle situazioni previste dall’art. 39 della stessa Carta.
La legittimità delle contromisure adottate da Stati non specificamente lesi da un illecito internazionale costituisce ancora oggi oggetto di un ampio dibattito sul piano del diritto internazionale. In genere esse non sono viste con favore dalla comunità internazionale, tuttavia, in caso di violazioni gravi, si ritiene utile applicarle, soprattutto quando non è possibile far ricorso all’uso della forza per il fatto che nel Consiglio di sicurezza sarebbe difficile far passare queste decisioni a causa del diritto di veto delle grandi potenze.
“Il Sole 24 Ore”, giornale della Confindustria, definisce gli Stati Uniti i re delle sanzioni, per il numero dei paesi da essi sanzionati, tra i quali ricordo Iraq, Siria, Iran, Myanmar, Cina, Cuba, Nicaragua, Venezuela, Sudan, Zimbabwe, Libia, Russia, Bielorussa; sanzioni il cui scopo è per lo più illegittimo e rappresenta un’ingerenza nella politica dello Stato colpito, nel quale si vuole provocare un cambiamento di regime. È questo il caso eclatante di Cuba e del Venezuela, che hanno visto e vedono i diritti umani della loro popolazione profondamente violati e che certo non costituiscono un pericolo né per gli Stati Uniti né per la comunità internazionale.
Un altro elemento sottolineato dall’intervista è rappresentato dal fatto che le sanzioni inaugurate dagli Stati Uniti e dall’Unione europea non sono state adottate da tutti gli Stati, tra i quali paesi importanti come la Cina e l’India. Questa scelta prefigura in realtà l’isolamento del cosiddetto Occidente dalla comunità internazionale allargata e molto probabilmente un sostanziale cambio negli equilibri internazionali cui assisteremo nel futuro più o meno prossimo.