La dissoluzione dell’URSS ha cambiato la geopolitica dell’Europa e per anni ha impegnato i media. Oggi non è più all’attenzione e forse perché il conflitto in corso Ucraina-Russia presenta alcune motivazioni che sono in relazione con quest’evento e le cause non si vogliono approfondire. Diversamente, Mikhail Gorbaciov che, da attivista anticomunista, l’ha distrutta è stato all’attenzione con approfondimenti tra le pieghe della sua biografia, principalmente come leitmotiv per aver cancellato l’idea stessa di comunismo, cosa non vera, ma dal 30 agosto 2022, cioè con la sua morte, in Occidente, la sua figura è stata celebrata in modo ultra favorevole anche perché sarebbe stato un innovatore della politica in Europa e uno statista eccezionale. E, in Italia, si sono registrati su di lui giudizi altamente positivi oscurando nel contempo il ruolo dell’URSS contro il nazifascismo in Europa e la sua formazione come Unione delle Repubbliche Socialiste (30 dicembre 1922 - 26 dicembre 1991) fino a quando è stata sciolta grazie all’attivismo anticomunista di Gorbaciov che ne è stato il Presidente.
Un’operazione che viene spesso citata è l’unificazione delle due Germanie che è stata possibile proprio grazie a Gorbaciov, ma bisogna ricordare anche i ruoli che hanno avuto gli Usa e l’Occidente. Come è noto, in seguito alla fine della Seconda Guerra mondiale, nel 1949, la Germania che ne uscì sconfitta, fu divisa in due Stati: la Repubblica Federale a Ovest, sotto l'influenza degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e della Francia e la Repubblica Democratica a Est, sotto il controllo dell'Unione Sovietica. Successivamente, la divisione divenne fisica tramite una grande barriera, costantemente sorvegliata dall’esercito russo, per impedire l’accesso a Berlino Ovest ed è passata alla storia con la denominazione il muro di Berlino (13 agosto 1961 - 9 novembre 1989). È stata una imponente costruzione con fossati, filo spinato e zone minate lunga 155 km e alta 3,6 metri che venne edificata da Krusciov, ma su proposta di Walter Ulbricht, il leader di allora della Repubblica Democratica Tedesca.
Per gli storici la caduta dell’URSS ha rappresentato anche la fine della guerra fredda, la divisione del mondo in due blocchi voluta principalmente dagli USA: da una parte la democrazia capitalistica e l’economia di mercato, dall’altra la dittatura e la pianificazione statale. Quest’ultima, proprio per quanto riguarda la dittatura, come la si legge nella maggior parte dei libri di storia, non viene mai presentata con analisi approfondite di come si è formata né si mettono in luce le relazioni che aveva con il contesto sociopolitico internazionale, che sono state molto importanti. Al riguardo è il caso di ricordare il rifiuto dell’Occidente alla proposta di Stalin di trasformare la Germania in uno stato neutrale demilitarizzato.
Gorbaciov, che dal marzo del 1985 è stato alla guida dell’Unione sovietica con l’obiettivo dichiarato di rivitalizzarne le strutture economiche e di riformare l’URSS, acconsentì all’entrata nella Nato della Germania unificata. Pare che abbia ricevuto in cambio un risarcimento economico per ritirare le truppe russe dalla Germania Orientale cedendo le proprietà sovietiche nella Germania orientale per un valore di circa 28 miliardi di dollari. Ciò avvenne dopo che il cancelliere della Germania Ovest, Helmuth Kohl, aveva presentato un piano per la riunificazione.
È stato proprio in quel contesto storico che sono nati i problemi relativi alla sicurezza della Russia rispetto alla Nato e che oggi sono una delle motivazioni che stanno alla base del conflitto Ucraina-Russia. Ovviamente sappiamo bene che questo conflitto ha altre motivazioni più recenti che hanno avuto origine dal golpe, non organizzato certo direttamente dagli Usa ma in tempo reale riconosciuto, noto come la rivoluzione di Maidan del 2014. Rivoluzione che il Donbass e la Crimea non hanno mai accettata.
Il 3 ottobre del 1990, dopo 45 anni di separazione e a seguito delle elezioni del 18 marzo dello stesso anno vinte dal Partito Democratico-cristiano, venne proclamata la riunificazione della RFG e della DDR. È stata l’operazione, secondo me, meglio riuscita di Gorbaciov che di fatto ha proclamato anche la fine della Cortina di Ferro; tuttavia, a parte qualche nostalgia dei cittadini della ex DDR che si coglie con il microscopio, si sono formate nel tempo nuove aspettative illiberali, anche note come sovraniste. Queste aspettative si sono fatte rapidamente strada nelle istituzioni degli stati, soprattutto in quelle delle altre Repubbliche dell’URSS, che subito dopo si sono auto proclamate indipendenti. Chiediamoci, quindi, perché i diritti come democrazia, libertà costituzionali, crescita economica e anche di stampa libera, trasportati dall’Ovest all’Est con l’abbattimento del muro di Berlino, non vengono più percepiti con la stessa forza di allora e, anzi, sono alla base della crisi stessa dell’Unione europea a livello politico. Le speranze, i sorrisi, gli applausi, i gesti simbolo della vittoria che hanno caratterizzato la notte del 9 novembre del 1989 e che hanno avuto echi in tante manifestazioni di sostegno nelle piazze europee cosa hanno prodotto fino ad oggi? Un esempio di non democrazia, ma di liberismo è oggi l’organizzazione capitalistica del lavoro che è peggiorata almeno in Italia sia sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e sia per il potere di acquisto di salari, stipendi e anche pensioni s’intende, che diminuisce continuamente per le dinamiche dell’inflazione. Ormai la destra domina quasi in toto l’Europa, i Verdi tedeschi non si sentono più e i democratici che peso politico hanno oggi nell’Ue?
Chiediamoci anche perché Il muro di Berlino fu costruito. Le ragioni saranno state varie e vanno approfondite. Le motivazioni principali, però, sono note e sono che, tra il 1949 ed il 1961, circa 2 milioni e mezzo di tedeschi della Germania est erano emigrati in Germania ovest passando per Berlino. Si trattava di cittadini spesso laureati, intellettuali, professionisti e lavoratori qualificati, obiettivamente preziosi, ma stanchi di una situazione economica per loro difficile, da come ci è stato raccontato s’intende. Quanto meno le loro aspettative di arricchimento facile non erano obiettivi raggiungibili per le politiche comuniste della DDR, anche perché l’URSS imponeva alcune condizioni individuali, come il no all’emigrazione, sulle quali non si è fatta, secondo me, piena luce e tanto meno ciò è stato spiegato con documentazioni verificate e con studi mirati.
Tutto questo per il governo della DDR è stato un problema. Si tenga conto che gli investimenti occidentali, primariamente degli Usa, avevano tramutato Berlino in una vera e propria vetrina illuminata del capitalismo nella quale gli abitanti della Germania Est, abituati ad un’esistenza ordinaria, potevano osservare i lussi e anche le libertà di stampa del modello capitalista occidentale. Ma era nient’altro che il quadro, in parte falso, delle immagini della borghesia d’ordine che si era riformata dopo la guerra in Europa. La classe operaia soltanto negli anni Settanta raggiunse un discreto tenore di vita con il maggio francese e in Italia con le lotte del ’68: contratto collettivo di lavoro dei metalmeccanici e Statuto dei lavoratori. Accedere a Berlino ovest era molto semplice, chiunque avrebbe potuto prendere un aereo per la Germania occidentale.
Gorbaciov è passato alla storia per aver realizzato la dissoluzione dell’URSS che è stata articolata in vari stati indipendenti, ma nessun problema che era stato posto è stato risolto. Nel XXVII congresso del PCUS del 1986 aveva presentato le sue intenzioni riformatrici affermando che era necessario superare le dispute tra le funzioni dei comitati partitici, gli organismi statali e le altre organizzazioni sociali. In pratica bisognava lasciare una maggiore libertà agli organi di gestione, compresi i collettivi dei lavoratori e i quadri dirigenziali (che in seguito daranno vita ad aziende capitalistiche) rispetto alle decisioni di natura economica e socio-culturale. Gorbaciov operò una rottura con il passato perché, secondo lui, era stata un’era di stagnazione. Il cambiamento non si limitava soltanto all’ambito economico ma interessava le istituzioni politiche ideologiche. Presentò i due vocaboli che hanno fatto il giro del pianeta, perestrojka e glasnost, ristrutturazione e trasparenza. Con il nuovo corso si attivava la riforma del PCUS e in seguito se ne attuò la distruzione, dopo averlo emarginato. Mentre il congresso si era espresso per il cambiamento, ma nella continuità del potere, Gorbaciov attuò la destrutturazione dell’URSS. Certo nel partito si formarono critiche notevoli ma non ebbero peso in quanto Gorbaciov aveva a livello internazionale, fin dall’inizio del suo mandato, un’immagine eccezionale di statista che oscurava qualsiasi critica interna che peraltro non era neanche dialetticamente presentata dai media interni e chiaramente neanche a parlarne da quelli esterni.
Siamo nel 2023. Come comunisti non possiamo accettare che la storia dell’URSS sia oggetto di ricerca soltanto da parte di specialisti con fruizione da parte del grande pubblico obiettivamente intorno a zero, mentre colui che l’ha distrutta venga glorificato dai media. La storia dell’URSS e il ruolo che ha avuto sono importanti e spero che quest’articolo abbia contributo a presentare un tema che è cruciale per la storia del comunismo in Europa.