Un grande classico reso inefficace da una rappresentazione che non va al di là di una pura e semplice riproduzione di uno spettacolo di quarant’anni fa. In tal modo a essere sacrificato è lo spirito rivoluzionario che aveva fatto della coreografia di Petit una vera e propria opera d’arte, capace di dare nuove regole a una fitta schiera di manieristi ed epigoni. Determinante ancora una volta è l’ideologia dominante che considera l’arte un faux frais della produzione di merci.
di Renato Caputo e Rosalinda Renda
Voto: 6
È stata la danza ad aprire la stagione estiva del Teatro dell'Opera di Roma. Nel grandioso scenario delle Terme di Caracalla, che da solo vale una parte del biglietto, è andato in scena Pink Floyd Ballet del grande coreografo Roland Petit, un balletto degli anni settanta suggestivo ed innovativo, sulle note della famosa band inglese. Il balletto è stato presentato insieme allo struggente pas de deux La rose malade, sempre a firma Roland Petit.
Pink Floyd Ballet fu rappresentato per la prima volta al Palais des Sports di Marsiglia nel 1972 con i danzatori accompagnati dalla musica dal vivo dei Pink Floyd. Fu un successo clamoroso. In effetti, all'epoca, Pink Floyd Ballet esprimeva una forte carica eversiva tant'è che lo spettacolo, poi modificato e ampliato da Petit, è stato rappresentato e ha fatto scuola in tutto il mondo.
Pink Floyd Ballet è un balletto “rock”, unico, moderno, che solo un coreografo così aperto di vedute come Petit poteva ideare. Petit sperimenta il connubio tra danza accademica e musica psichedelica e il risultato è perfetto nonché di forte impatto. I canoni classici sono stravolti, i pas de deux si susseguono con infinite variazioni, estremamente valorizzato il ruolo maschile, nel passato semplice supporto alla danzatrice. Di grande effetto sono i balletti collettivi, dove l'individualismo dell'étoile viene superato dalla grande energia che trasmette tutto il corpo di ballo sulla scena, un tutto in movimento in cui ogni parte ha democraticamente la stessa importanza delle altre. Novanta minuti di pura danza, che alterna momenti più intimi a momenti più esplosivi ed energici. Centrali sono le luci laser progettate da Jean Michel Désiré che avvolgono e seguono i ballerini fino ad investire anche il pubblico che si trova assorto in un'aura ipnotica. Danzatori e danzatrici, stretti nelle eleganti e minimaliste calzamaglie e tute bianche realizzate da Yves Saint-Laurent, interpretano energicamente il rock visionario dei Pink Floyd.
In Italia lo spettacolo è stato messo più volte in scena dal Corpo di ballo del Teatro alla Scala, ma è il primo debutto a Roma. Luigi Bonino, storico collaboratore di Petit e protagonista dei primi spettacoli, ne ha ripreso la coreografia. Indubbiamente riproporre un grande classico come Pink Floyd Ballet, rappresenta un salto di qualità da parte del Teatro dell'Opera di Roma, dopo la discutibile rivisitazione de Il Lago dei cigni da parte del coreografo Patrice Bart messa in scena lo scorso anno sempre alle Terme di Caracalla.
Non possiamo, però, ahimè, non riflettere sul fatto che ormai nel nostro bel paese non si produce nulla di nuovo, ci si limita, nel migliore dei casi, a riciclare i classici del passato, puntando magari su spettacoli e nomi di richiamo come dimostra l'ormai appuntamento fisso di fine luglio sempre alle Terme di Caracalla, ovvero il Gala Roberto Bolle, una gradita e popolare rassegna di “Greatest Hits”[1].
Un grande classico, inoltre, non ripensato e attualizzato, ma messo in scena acriticamente, giusto con qualche variazione e taglio qua e là, solo per sfruttarne la popolarità e avere così successo al botteghino, perde la sua efficacia. Uno spettacolo come Pink Floyd Ballet, così innovativo negli anni settanta, se riproposto alla lettera (e senza la stessa perizia) perde la sua carica eversiva. Il balletto, tuttavia, grazie alla grandissima coreografia che da sola riesce a tenerlo in piedi, merita la sufficienza.
L'effetto delle luci avveniristiche di Jean-Michel Dèsiré – sicuramente poco riproducibili all'aperto – viene in parte perduto nello scenario “naturale” delle Terme di Caracalla in assenza di una strumentazione all'altezza. Anche il suono non è perfetto e i costumi di Saint Laurent che nella prima messa in scena dovevano apparire rivoluzionari, abbaglianti ed essenziali nello stesso tempo, oggi non fanno più nessuna impressione, tanto sono stati imitati e introiettati dal senso comune.
Lo spettacolo esplode con una bella esecuzione sulle note Money e tutta la prima parte è abbastanza accurata, maggiori imprecisioni notiamo nella seconda e ciò non può non farci evidenziare un altro aspetto: il Corpo di ballo del Teatro dell'Opera è composto oggi da solo una dozzina di ballerini stabili mentre gli altri, molti giovanissimi, sono assunti a tempo determinato. Nell'esecuzione più o meno pulita di un balletto conta non solo il talento, ma anche quanto i danzatori sono stati retribuiti, la precarietà dell’occupazione, il tempo a disposizione per le prove.
Lo spettacolo è più corto rispetto ai novanta minuti dell'originale e questo taglio è compensato dall'abbinamento con un altro classico, La rose malade del 1973, sempre con la coreografia di Roland Petit sulla musica dell’Adagietto della Quinta Sinfonia di Mahler. Questo bizzarro accostamento si spiega con l'omaggio che il Teatro dell'opera ha voluto fare a Maja Pliseckaja, la grande danzatrice scomparsa qualche tempo fa e per la quale Petit aveva creato questo struggente pas de deux. La rose malade è una danza d’amore e di morte dai contrasti forti e tormentati in un’atmosfera di sogno, ispirata dai versi e dai disegni di William Blake, e interpretata da Amandine Albisson, giovane étoile e Audric Bezard primo ballerino del balletto dell'Opéra de Paris. I loro magnifici corpi sono scolpiti, anche in questo caso, dai costumi di Yves Saint-Laurent: notevole soprattutto il costume che riproduce i petali della rosa incarnata dalla Albisson. La scenografia è costituita dal sontuoso palcoscenico delle Terme di Caracalla al tramonto. Molto garbato e semiclassico all’inizio, il pas de deux termina con un forte pathos e con luci estremamente suggestive.
La serata è stata comunque una bella occasione per rivedere dal vivo due balletti così importanti del passato, dove emerge con forza la modernità di Roland Petit e che dimostra come quarant'anni fa, anche da questo punto di vista, fossero più avanti e innovativi di oggi.
Nel concludere ci auguriamo, per il rilancio della danza e dell'offerta culturale della città di Roma, che il sovraintendente Fourtes invece di limitarsi a proporre spettacoli attraenti per riempire la platea [2] si impegni a finanziare la danza a partire dall'assunzione dei danzatori e delle danzatrici fino a proporre una stagione di balletto veramente innovativa e creativa come lo era la mai dimenticata estate romana di Renato Nicolini.
Note
[1] Da notare come Pink Floyd Ballet e il Gala Roberto Bolle sono gli unici due eventi dedicati alla danza dal Teatro dell'Opera quest'estate. È del resto una costante nel nostro paese valorizzare maggiormente la lirica rispetto alle altre arti, prima anche dal punto di vista economico, mentre ora i tagli in nome del profitto hanno inflitto un colpo mortale alla stessa opera.
[2] In realtà, questo scopo non gli è del tutto riuscito: nell'atmosfera magica delle Terme di Caracalla colpiscono in modo negativo i troppi posti rimasti vuoti e il fatto che tra i posti occupati si trovano in primo luogo turisti, spesso presi, al pari degli italiani, dall'odierno vezzo di tenere accesi i cellulari durante lo spettacolo. Nonostante la possibilità data ai giovani sotto i 26 anni di acquistare biglietti last minute a prezzi contenuti, pochissimi sono i giovani presenti. Sarebbe utile capire perché giovani (e meno giovani) italiani sempre più “si astengono dalla cultura”. Secondo il rapporto 2015 di Federculture, almeno un quinto della popolazione italiana non usufruisce di attività culturali (cfr. http://www.repubblica.it/cultura/2015/07/08/news/federculture-118629557/). Ciò, probabilmente è dovuto solo in parte alla crisi economica, sintomatica è anche la crisi morale e culturale di questo paese, fanalino di coda nella stessa UE per la spesa dedicata a scuola, università, ricerca e cultura in generale.