La nostra casa e la nostra vita si stanno riempiendo di “principesse”. Si dirà, ma che vuol dire? Si è proprio così, lo spieghiamo subito. Da quando nostra figlia ha iniziato la scuola materna non c’è luogo, attività, sia materiale che immateriale che non contempli la presenza, talvolta fisica -una serie infinita di merci in cui si oggettivizza sua maestà del ghiaccio, del mare, della terra ecc. - altre volte appunto solo al livello del pensiero, di qualche principessa. Così c’è la bambola della principessa, la borraccia della principessa, lo zaino della principessa, il vestito della principessa, “oggi mi sento una principessa”. Io e la mamma abbiamo più volte capitolato su questo fronte perché siamo stati oggettivamente colti di sorpresa, un vero agguato, non immaginavamo minimamente la dimensione e la raffinatezza dell’attacco a trecentosessanta gradi che stavamo per subire. E’ come una marea che all’improvviso ti viene addosso e l’unica cosa che puoi fare è correre ai ripari cercando una casamatta dove appostarsi (luoghi, racconti, giochi, esperienze “fuori” dagli schemi) o se proprio è necessario combattere in campo aperto allora creare quantomeno un dualismo, un’entità o un esercito “altro” che si contrapponga, o almeno ci provi, alla potenza dell’assolutismo! Si tratta di goffi tentativi come quello che faccio di “spaventarmi” ogniqualvolta sfioro per sbaglio una principessa, o parlarne continuamente male associando a queste piccole, maledette, reincarnazioni della restaurazione feudale, ogni sfiga familiare e sociale cercando di mettere in cattiva luce le suddette biondine dal vestitino azzurro, ma i risultati a parte qualche sorriso sono piuttosto mediocri. Fortunatamente in questa battaglia per l’egemonia qualche aiuto talvolta ancora si trova, intendiamoci è davvero difficile, ma cercando con il lanternino si può rimediare qualcosa di utile per resistere in questo periodo davvero buio della cultura progressista. Il fronte dell’attacco è vastissimo come dicevamo e copre diversi ambiti della vita, il più insidioso dei quali, per la passività della sua fruizione, è il fronte della TV. Qui è veramente dura trovare alleati quali film e cartoni che possano competere con le moderne forme di comunicazione del pensiero dominate ma cercando bene, soprattutto cercando indietro nel tempo, qualcosa si trova.
Questo è il caso de “La Freccia Azzurra”, film d’animazione datato 96 e realizzato da Enzo D'Alò, ispirato all'omonimo romanzo di Gianni Rodari del 1964, film reperibile gratuitamente (che non è poco) su Raiplay. Notate le date, questo è un altro elemento che ci fa riflettere, molti dei prodotti di qualità della televisione spesso sono datati il che, oltre ad essere un indice della decadenza, specie all’occhio di un bambino bombardato da animazioni contemporanee super definite, possono risultare poco attraenti. Non è questo il caso: vuoi per la qualità dei disegni, vuoi per le voci, vuoi per le musiche, questo cartone, specie se visto sotto natale tiene i bambini incollati al video nonostante la sua veneranda età! Enzo d’Alò ha realizzato relativamente poche opere ma tutte eccellenti. Il merito principale di quest’opera, ma anche delle altre, è quello di presentare concetti importantissimi della società moderna, fondamentali per meglio dire, con una semplicità disarmante. E diciamo anche, cosa a nostro avviso di non poco conto, senza per forza ricorrere ad abbondanti e complicatissimi passaggi onirici che spesso rendono le opere difficilmente comprensibili almeno ad una prima visione, un esempio per tutti è Myazaki. Il genio dell’animazione giapponese ovviamente non possiamo che ammirarlo, le sue opere, sempre socialmente impegnate, sono un riferimento importante ma sono oggettivamente complesse. Le opere di Enzo D’Alò hanno il pregio di essere chiare , dirette al cuore del problema anche nei dialoghi e nella struttura e se anche lui necessariamente ricorre alle forme tipiche del genere fantastico – a proposito né “Il ragazzo e l’Airone” di Myazaki abbiamo trovato molte citazioni di “Momo alla ricerca del tempo” altra magistrale opera di D’alò- fatte di mondi paralleli e di superpoteri, ma queste forme non giungono mai a quel livello di complessità tale da rendere l’opera poco fruibile da persone non specialiste.
Ne la freccia azzurra il tema centrale è la redistribuzione verso il basso della ricchezza prodotta nella società moderna la cui grossa parte è accumulata nelle mani di poche persone. Redistribuzione che diviene possibile solo grazie ad un importante sommovimento dei subalterni. Prendendo spunto dalla storia della befana, davvero tipica del folclore italiano, che in questo caso è al letto malata e pertanto costretta a delegare ad un sostituto la consegna dei famosi regali, parte il filo narrativo del film che attraverso una divertente e mirabolante avventura condurrà i protagonisti - i giocattoli- attraverso mille peripezie dapprima a prendere coscienza del proprio ruolo e poi a rompere con lo schema dominante e a lottare strenuamente per autodeterminarsi e quindi raggiungere lo scopo di consegnarsi ai bambini più poveri, di contro al malvagio delegato della befana (personaggio al quale presta la sua voce nientemeno che Dario Fò) che facendosi beffa della vecchina intendeva arricchirsi proprio nel giorno della consegna dei regali pensando bene di vendere i balocchi, e non di regalarli come da tradizione, e in tal modo arricchirsi favorendo i bambini ricchi che in quanto tali potevano comprarne di più e dei migliori. In questo film ci sono tutti o quasi i tipici personaggi della nostra società: i proletari, i borghesi, gli opportunisti, i rivoluzionari. E sono indagati piuttosto bene anche i rapporti tra queste entità sociali. Ad esempio è molto istruttivo il personaggio del mago che interpreta il ruolo dell’opportunista, ruolo tipico di quegli strati che si collocano nell’intermezzo tra i due grandi blocchi sociali (la borghesia e il proletariato) sempre indecisi e oscillanti, propensi al tradimento, come la piccola borghesia e l’aristocrazia operaia che sono gruppi sociali caratteristici dei paesi a capitalismo avanzato. Se pensiamo che la moderna teoria della rivoluzione in occidente, elaborata prima da Lenin e poi in Italia da Gramsci, attribuisce una grandissima importanza alla comprensione della funzione sociale di questi strati intermedi, dobbiamo indubbiamente riconoscere che aver posto nell’opera un personaggio simile ha una funzione estremamente istruttiva e potremmo dire pedagogica. Che dire del gruppo di ladruncoli che sfruttando l’occasione dello scontro principale tra borghesia e proletariato, cioè tra “Scarafoni” -il terribile agente del commercio e malvagio sostituto della befana- e i “rivoltosi giocattoli”, cerca di approfittarne per rubare il bottino già affannosamente estorto dal nostro goffo truffatore e improvvisato “befano”. Anche questi personaggi sono tipici della nostra società e a ben vedere raccontano un altro aspetto decisivo per la comprensione delle dinamiche che si sviluppano al suo interno. Ci riferiamo a quel coacervo di “scontri secondari”, tutti interni al gruppo dominante che a volte è anche criminale, utili alla spartizione del “plusvalore”, o, usando un linguaggio più scolastico e in linea con la semplicità dell’opera, potremmo dire per la spartizione del “bottino” che i vari “predoni”, chi un modo e chi in un altro, estorcono dalle tasche -già abbastanza vuote- dei subalterni. Vale la pena notare, tra le cose più importanti, anche la dialettica -a dire il vero appena accennata- tra le “avanguardie” e l’intera “classe” rintracciabile nel rapporto tra i giocattoli, vere e proprie avanguardie coscienti e organizzate, e i bambini che in questo caso rappresentano il soggetto storico del cambiamento ma che gioca un ruolo sostanzialmente passivo.
Seguendo un percorso lineare il film si chiude realizzando un trapasso piacevole ossia liberando lo spettatore dall’angoscia iniziale e portandolo via via verso un finale liberatorio, tanto desiderato per lo spettatore che parteggiando per i rivoltosi – e non si può che parteggiare per loro- ha più volte temuto il peggio nel corso delle numerose e divertenti avventure.
Certo si può dire che il romanzo da cui è tratto il film è stato scritto da un grande poeta, scrittore e pedagogo come Rodari, certo si può dire che le voci di Dario Fò e degli altri doppiatori italiani sono azzeccatissime, che le musiche di Paolo Conte garantiscono un elevato godimento estetico e che tutto questo parter di campioni ha reso il lavoro del regista certamente più semplice ma ciò non basta a produrre un’opera rivoluzionaria come questa. Serve una coscienza di classe e se vediamo il complesso delle opere di questo regista certamente possiamo dire che si tratta di un regista rivoluzionario e che le sue opere hanno un valore importante nella lotta per l’emancipazione del genere umano. Non potendo ricorrere sempre all’escamotage della tv che si è rotta questo film certamente può essere un’ottima controproposta al potere egemonico delle principesse!! Almeno…in inverno!!