Il V Incontro nazionale della rete Caracas Chiama, si è svolto in un momento particolarmente complesso per il Venezuela di Nicolas Maduro e per il socialismo del XXI secolo. Da tre anni – da quando il presidente venezuelano ha vinto le elezioni, con stretto margine, sul candidato delle destre, Henrique Capriles – si sono intensificati gli attacchi delle forze conservatrici, nel paese e a livello internazionale. Tentativi di golpe, violenze di piazza, sabotaggi economici e sanzioni imposte dagli Stati uniti non sono però riusciti a far cadere il governo bolivariano, evidentemente sostenuto da un forte consenso. Un governo che, a dispetto della drastica caduta del prezzo del petrolio, rifiuta di far pagare la crisi alle classi popolari e, anzi, aumenta i finanziamenti per la spesa sociale, a cui viene destinato oltre il 70% del Pil.
Ribadendo il suo ruolo di stimolo e moltiplicatore, la rete Caracas Chiama ha portato a discutere ambasciatori, politici, intellettuali, organizzazioni migranti, centri sociali, collettivi e ospiti internazionali. Tre giorni di confronto e proposte, aperti dai diplomatici dei paesi dell'Alba e da alcune deputate (L'Altra Europa per Tsipras, Sinistra italiana, Movimento 5 Stelle), e confluiti in una plenaria in cui si sono discusse le sintesi di quattro tavoli di lavoro: Conquiste e sfide del socialismo bolivariano; Potere popolare contro democrazia liberale; Libertà di genere e libertà dal capitalismo; Per un nuovo internazionalismo.
“La rivoluzione bolivariana non è isolata. La riuscita di questo incontro ne è la prova”, ha detto l'ambasciatore Isaias Rodriguez, inquadrando nell'attuale contesto internazionale conquiste e limiti dell'esperienza bolivariana. L'imperialismo avanza e cerca nel Latinoamerica un laboratorio per nuove tecniche di sopraffazione: guerra economica, golpe soave, corruzione, accaparramento di beni di prima necessità risultano persino più efficaci degli attacchi diretti e degli interventi militari.
Gli attacchi al potere popolare, alla “democrazia partecipata” e al Socialismo del XXI secolo si verificano proprio nel momento in cui la democrazia borghese soffre di un calo di fiducia generalizzato, ormai strutturale, nei suoi meccanismi. Esaurita la fase dell'integrazione delle masse e della pacificazione del conflitto sociale mediante l'erogazione di risorse e welfare, la democrazia liberale impone politiche di austerità e svolte neo-autoritarie contro le fasce più povere della popolazione. Un esempio, il referendum costituzionale voluto da Renzi.
Dopo quasi 18 anni di governo chavista, e pur all'interno di un percorso che non nasconde contraddizioni e necessità di aggiustamenti, quella del Venezuela continua a essere, invece, una delle esperienze più avanzate di democrazia partecipativa. Un'esperienza che resiste articolando un doppio movimento: dall'alto (con l'impegno del suo governo nel rintuzzare i tentativi destabilizzanti della Mud), e dal basso (con la militanza quotidiana della popolazione, organizzata nei consigli comunali, nelle comunas, nel Psuv e nei partiti che lo sostengono). E con la solidarietà di chi ancora vede nella rivoluzione bolivariana l'alternativa concreta al neoliberismo globale.
La rivoluzione bolivariana mostra la necessità di lottare contro il nemico comune, e quella di riflettere su alcuni importanti nodi: Andare al governo attraverso le urne significa detenere effettivamente le leve del potere per incidere sui rapporti di produzione e sulla distribuzione della ricchezza, oppure si tratta di due condizioni ben diverse? Esiste la possibilità di un governo popolare a livello locale quando manca il controllo del governo centrale, oppure si scivola in un “amministrativismo” dal corto respiro? E quale solidarietà efficace conviene organizzare per difendere i processi rivoluzionari del Latinoamerica e in tutti i sud del mondo?
Da qui alcune proposte per superare le cooperazioni bilaterali tra militanti italiani e i singoli paesi: promuovere collegamenti transnazionali tra rappresentanze di lavoratori che subiscano lo stesso sfruttamento ad opera di multinazionali presenti in determinati contesti nazionali. Moltiplicare le “case dell'Alba” e inventare altri luoghi, fisici e simbolici, in cui congiungere le lotte antimperialiste e le battaglie sociali. Riprendere e sviluppare progetti di interscambio tra il Venezuela e alcune amministrazioni “partecipate” su cui sia possibile intervenire: sulla linea di quanto venne fatto con la Londra del sindaco Ken Livingston (detto “Ken il rosso”), o con il petrolio nel Bronx. Alcune referenze locali, su piccola o media scala, già esistono – si è detto, nei singoli tavoli o nella discussione conclusiva -: dai progetti di energia alternativa, sperimentati in Friuli, a quelli della “pasta casera”, attivati dal circolo bolivariano Antonio Gramsci in Venezuela per bypassare l'accaparramento dei prodotti da parte delle grandi catene commerciali.
Tra le azioni proposte: un Twitazo una volta al mese; campagne di e-mail dirette ai giornali e ai mass media per informare sulla realtà del Venezuela; Sit-in o flash mob in punti sensibili e conosciuti; volantinaggi, camion vela, affissione di manifesti, ecc; organizzazione di cicli di conferenze su tutto il territorio nazionale. E Napoli si è candidata a essere, per la seconda volta, la sede del prossimo incontro nazionale.
Riprendendo l'esempio di Cuba, il Venezuela ha messo al centro la costruzione di nuove alleanze regionali, all'insegna dello scambio paritario e della non aggressione. Un modello che, come ha dimostrato l'ultimo vertice dei Paesi non Allineati, di cui il Venezuela ha la presidenza pro-tempore, si proietta anche verso altri paesi del sud. Purtroppo, il ritorno a destra di due importanti paesi come Brasile e Argentina, sta portando il Mercosur verso il Trattato di libero commercio (Tlc) con l'Europa e l'Alleanza del Pacifico a guida Usa: con la complicità del Paraguay e del moderatissimo Uruguay. Per questo, si sta negando al Venezuela la presidenza dell'organismo regionale che le spetta di diritto: con il pretesto dei diritti umani. Il 1 dicembre scade l'ultimatum dei poteri forti. La firma del Tlc è un attacco alla sovranità dei popoli che il Venezuela difende. E' un attacco ai nostri interessi.
Durante i giorni del V incontro, la presenza dei compagni di Alba Suiza, un'esperienza che ha messo in rete diverse organizzazioni di solidarietà con la rivoluzione bolivariana, con i paesi dell'Alba e con i movimenti di altri sud del mondo, ha riscontrato grande consonanza con lo spirito di Caracas Chiama – una rete nata fin da subito con l'intento di essere un moltiplicatore di pensiero e di pratiche per costruire un'alternativa credibile al capitalismo nel proprio paese. E' possibile articolare “un movimento antimperialista e di sinistra” su scala europea? E' possibile costruire una rete di parlamentari che, nei singoli paesi e a livello europeo, rendano visibile il sostegno al Venezuela e il No alle politiche imperialiste e guerrafondaie che passano attraverso l'imposizione di trattati transnazionali e leggi neoliberiste?
La politica espansionista e di ingerenza dell'imperialismo nordamericano e dei suoi alleati è la principale minaccia che l'umanità deve affrontare. Di fronte a questa, l'internazionalismo proletario si pone come una risposta storica comune, che attraversa tutte le lotte dei popoli nel mondo: da quelli aggrediti dalla Nato, ai movimenti italiani in lotta contro le basi militari, il Muos o la Tav, ai lavoratori europei che si oppongono alle politiche neoliberiste...
La rete Caracas Chiama ha perciò espresso sostegno ai popoli che lottano contro le aggressioni e le occupazioni militari in Iraq, Libia, Siria, Palestina, Kurdistan e qui in Europa nel Donbass, da cui è arrivato un video di saluto e un'indicazione concreta. Caracas Chiama ha condannato il blocco degli Stati uniti contro Cuba. Ha espresso il proprio appoggio al processo di pace in Colombia e nelle Filippine.
Ma nessuna vera libertà è possibile senza quella delle donne, il cui ruolo è fondamentale nella lotta contro un sistema capitalista che aggiunge all'oppressione del patriarcato la schiavitù del lavoro salariato e del non-lavoro, ancora più pesante per le donne migranti. Il ruolo delle donne è fondamentale nella transizione verso il socialismo in corso in Venezuela e lo sarà anche in quella verso una società che rinnovi e moltiplichi i punti più alti della rivoluzione bolscevica del 1917 e della rivoluzione cubana.
La Costituzione bolivariana del Venezuela, voluta da un Chavez “socialista e femminista” è declinata nei due generi, contempla un vasto quadro di diritti che garantiscono la libertà delle donne, riconosce anche il valore sociale del lavoro domestico e lo tutela.
Al contrario, in Italia, le donne subiscono un attacco sempre più serrato alle conquiste realizzate con le lotte degli anni '70, anche per il ritorno di vari integralismi religiosi. Le donne però non vogliono sentirsi vittime, ma soggetti che resistono e si organizzano: questo il messaggio che arriva dal Venezuela e dai movimenti delle donne latinoamericane, ripreso e condiviso dalla Rete Caracas Chiama. La proposta, è quella di costruire un tavolo permanente di comunicazione, informazione e trasmissione di memoria e coscienza alle più giovani.
Con questo spirito, la rete Caracas Chiama ha aderito alla mobilitazione nazionale del 26-27 novembre contro la violenza sulle donne. Ha rivolto un forte attestato di solidarietà alla compagna Yuri Patino, brutalmente aggredita dai fascisti venezuelani in Amazonas. Ha espresso solidarietà alle prigioniere politiche, in Italia e nel mondo: contro il fascismo e il machismo. A fianco del popolo venezuelano e del suo presidente Nicolas Maduro. Per la costruzione del socialismo: perché difendere il Venezuela bolivariano significa difendere il futuro dei nostri ideali.