La Grande rivolta araba del 1936-39 rappresentò uno dei momenti più critici nella storia della Palestina sotto il mandato britannico, segnando il tentativo più significativo degli arabi palestinesi di resistere all'espansione sionista e al dominio britannico. Negli anni '20 e '30, la Palestina visse trasformazioni profonde, con l'incremento dell'immigrazione ebraica, favorita dalla Dichiarazione di Balfour del 1917, e una crescente tensione tra la popolazione araba locale, il movimento sionista e il governo britannico.
Londra tentò di bilanciare i rapporti tra la maggioranza araba e le crescenti aspirazioni del movimento sionista, che ambiva a una “casa nazionale” per gli ebrei. A seguito della Prima guerra mondiale e dell'occupazione britannica del 1918, il governo britannico promosse strutture paramilitari sioniste come l’Haganah e, più avanti, l’Irgun. Questi gruppi paramilitari, inizialmente dediti alla protezione degli insediamenti ebraici, si trasformarono con il tempo in forze che parteciparono attivamente al conflitto contro le forze arabe palestinesi e furono sostenuti militarmente dagli inglesi nella repressione della rivolta con l'obiettivo di creare una patria ebraica sicura. Il movimento sionista sostenne l’immigrazione degli ebrei europei, incrementando la popolazione ebraica in Palestina. Questi nuovi arrivati contribuirono all’economia locale, creando una rete di insediamenti e strutture agricole e urbane, oltre a un autogoverno che rafforzò il potere e la coesione interna della comunità ebraica detta Yishuv.
Tuttavia, tale espansione fu percepita dagli arabi palestinesi come una minaccia non solo alla loro sovranità, ma anche alla loro sussistenza economica, poiché gli acquisti di terreni da parte di ricchi sionisti causavano l’espropriazione dei contadini locali e l’incremento della disoccupazione araba. La massa dei contadini arabi erano fittavoli. Ma la loro condizione era mitigata da alcune consuetudini precapitalistiche. Il villaggio sentiva la campagna circostante come una cosa della comunità ed era normale che alcune attività come far legna o cacciare piccoli animali venivano considerati diritti millenari. L’Irruzione dall'occidente, tramite gli ebrei, del diritto capitalistico travolse questo mondo e impoverì ulteriormente i poveri contadini palestinesi.
Negli anni '30, le tensioni culminarono, con l'emergere di leader arabi come Sheik Izz ad-Din al-Qassam, figura centrale nella mobilitazione dei contadini contro il mandato britannico e l’immigrazione sionista. Uomo a metà tra un leader sindacale è un leader militare Al-Qassam organizzò gruppi militanti di contadini che coinvolgevano anche donne, un’innovazione per l’epoca. Dopo la sua morte nel 1935 per mano degli inglesi, che lo braccavano per la sua azione nelle campagne, dove attaccava sia gli insediamenti ebraici che le installazioni inglesi, la rivolta esplose l'anno seguente, sotto la guida del Gran Mufti di Gerusalemme, Hajji Amin al-Husseini, che formò il Supremo Comitato Arabo e lanciò uno sciopero generale in tutta la Palestina. E noto che Husseini non era per nulla interessato a guidare la rivolta, anzi il contrario, ma la massa enorme dei contadini gli prese la mano e lo costrinse a ribellarsi agli inglesi. Husseini aveva una preoccupazione, che questa sua scelta gli sarebbe costato il titolo di Gran Mufti di Gerusalemme. Gli inglesi non gliela perdonarono mai e lui lo sapeva, per questo motivo si getterà alla fine della rivolta fra le braccia di Hitler. Nonostante l’assenza iniziale di un coordinamento efficace non fu grave, la rivolta si espanse rapidamente, comprendendo sabotaggi all'infrastruttura britannica e costringendo le autorità a evacuare Gerusalemme e altre città strategiche, e così per un breve tempo dovettero fare gli stessi sionisti.
Nel 1938, la repressione britannica si intensificò: bombardamenti aerei, arresti di massa e distruzione di villaggi segnano uno dei periodi più drammatici della rivolta. Il Comitato Arabo, costretto a fuggire in Libano, perse influenza, ma la resistenza proseguì fino al 1939, coinvolgendo anche donne palestinesi nella lotta armata. La rivolta si concluse formalmente con la pubblicazione del Libro Bianco del 1939, con cui Londra propose di limitare l'immigrazione ebraica e di creare uno stato palestinese indipendente, ma né gli arabi né gli ebrei accolsero con favore queste misure. Una delle figure più controverse che attraversò la rivolta del 1936-39 fu Fawzi al-Qawuqji (1890-1977), un comandante militare arabo di origine siriana, noto per il suo coinvolgimento in diverse rivolte anti-coloniali nel Medio Oriente. Dopo aver prestato servizio nell'esercito ottomano e aver combattuto in Siria contro il mandato francese, al-Qawuqji divenne un leader nelle rivolte palestinesi degli anni '30. Durante la Grande Rivolta Araba del 1936-39 in Palestina, guidò un gruppo di guerriglieri arabi contro le forze britanniche e le milizie sioniste, ottenendo il sostegno di fazioni arabe e mantenendo ambigui rapporti con la Germania nazista, di cui divenne colonnello della Wermacht, ma non volle aderire alla legione SS bosniaca del Mufti, riparato in Germania, per evitare di essere giustiziato dagli inglesi. La sua influenza, però, fu limitata da tensioni interne e dalle sue rivalità con altre figure come Abd al-Qadir al-Husayni.
La rivolta araba del 1936-39 lasciò profonde conseguenze: migliaia di palestinesi persero la vita e la leadership politica palestinese fu decimata. Quando nove anni dopo nel 1948 si combatté la prima guerra arabo-israeliana ai palestinesi mancarono leader capaci di organizzarli e guidarli. Rimarrà comunque il ricordo della rivolta e si consoliderà l’identità palestinese. Gli ebrei costituirono il loro stato sulle vittorie conseguite fin dal tempo della guerra contro la rivolta araba del 1936-39.
Bibliografia:
[1] Noam Chomsky, Riflessioni sul Medio Oriente, Torino, Einaudi, 1976.
[2] Martin van Creveld, La spada e l'olivo: una storia critica delle forze di difesa israeliane, Roma Carocci 2004.
[3] Ilan Pappe, The Rise and Fall of a Palestinian Dynasty: The Husaynis 1700-1948, 2017.
[4] Maxime Rodinson, Israele e il rifiuto arabo Settantacinque anni di storia, Einaudi 1968.
[5] Ted Swedenburg, Memories of Revolt: The 1936-1939 Rebellion and the Palestinian National Past: 1936-39 Rebellion and the Palestinian National Past, 1995.