In un bosco che parea
Nel tempo bloccato
Mi apparve una Lupa
Nel mezzo di un prato.
Ululava rabbiosa,
Ma era legata;
Non avevo una lama
O l’avrei liberata.
Quindi per salvarla, che
Mi parea importante
Corsi a chiamare
Un mio amico aitante,
Ma nella radura
Che avevo lasciato
Non solo la Lupa
Sedeva nel prato.
Un mio ‘arcinemico’!
E con il naso adunco!
Ma questo vi dico,
Non più mi dilungo.
Sedeva assorto
Con quell’animale,
Con li occhi socchiusi,
Parea sognare.
Pensava di certo
A portarla a palazzo
Per farsene vanto
Con il suo re pazzo.
Io e il mio compagno,
Scansando costui,
Ci sentimmo, contenti,
Più furbi di lui,
Ma provando poi dopo
Romper i legacci
Capimmo necessarie
Delle forze mancarci.
Girandoci quindi
A quello cascato:
“E quindi? Ci aiuti
O ti volti sdegnato?”.
(lasciatemi spiegare qui
Le mie intenzioni:
Non che diventassimo
D’improvviso più buoni!
Sapeamo soltanto
Necessitare d’aiuto
Anche appoggiandoci
A quel cornuto
Ché quando si tratta
Di un bene superiore
Poco contano i mezzi,
Tanto il fine maggiore).
Volgiamoci alla storia
Che aveamo lasciato
In cui quello accettava:
Ci avrebbe supportato.
Chiedeva “soltanto”,
E gli parea poco,
Di lasciargli la Lupa
Che per lui era un gioco.
Accettammo convinti
Per salvar l’animale
Che dalli occhi che avea
Parea forte e speciale,
Ma tosto che l’altro
Ci ebbe aiutato
La Lupa e l’onore
Gli avevam rubato.
Ricordate, miei prodi
Dalla lama splendente:
A volte si vince
Usando chi mente.