Doktordissertation von Karl Marx

In un libro, la tesi di laurea di Marx in italiano e un saggio di Luciano Canfora. Marx voleva pubblicare una storia della filosofia non centrata soltanto su Platone e Aristotele ma anche su Democrito ed Epicuro: in questa recensione si mette in evidenza che era già un materialista e presto sarebbe stato un rivoluzionario.


Doktordissertation von Karl Marx

David Borisovi Rjazanov dell’Istituto Marx-Engels di Mosca, nel 1927 ha pubblicato a Francoforte la tesi di laurea di Marx [1]. Gli Editori Laterza l’hanno pubblicata in italiano con un saggio di Luciano Canfora: pp. 232, Karl Marx Differenza tra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro

Marx non si è laureato a Berlino dove era stato studente, ma a Jena, presso l’università del Granducato di Sassonia-Weimar. Il testo che presentò alla commissione il 6 aprile del 1841 non è stato mai ritrovato, ma sappiamo che la tesi fu giudicata favorevolmente come ci informa anche Canfora nel suo saggio (p. XCIX) e venne approvata dalla commissione il 15 aprile del 1841. La preparazione impegnò molto il giovane Marx che aveva studiato a fondo le considerazioni di Hegel soprattutto quelle che riguardavano Epicuro analizzando ampi tratti dell’opera di Karl Ludwig Michelet [2], filosofo che all’epoca era docente presso l’università di Berlino e aveva ricomposto in una stesura unica tutti i cicli delle lezioni tenute da Hegel tra il 1805 e il 1828 a Jena, Heidelberg e Berlino.

La tesi era destinata alla pubblicazione e avrebbe consentito a Marx una carriera accademica sotto il patrocinio di Bruno Bauer, docente all’università di Bonn. Il testo ha ricevuto modifiche in profondità, ma la rielaborazione non venne completata perché, come sappiamo, negli anni Quaranta dell’Ottocento in Prussia le istituzioni erano cambiate e contro i giovani hegeliani la censura era peggiorata; in particolare Bauer fu costretto ad abbandonare la cattedra. La carriera di Marx era così compromessa, ma non il suo progetto intellettuale, anche se la rielaborazione della tesi, purtroppo, fu lasciata interrotta.

Canfora, da filologo classico, ha analizzato in profondità le fonti testuali disponibili ricercandone i tratti delle modifiche e ha ricostruito il contesto storiografico intorno alla tesi delinendone i lineamenti dei vari ambienti d’influenza compresi i dettagli della storia editoriale del testo. Proprio per il suo saggio (Il dottor Marx, pp. I-CXXX) si nota bene che è la prima volta che viene pubblicata una ricerca generale, ma approfondita e mirata, sulla scelta di Marx, destinato a studi giuridici per scelta del padre, di laurearsi in filosofia. Naturalmente, come sappiamo, Marx dopo la laurea fu costretto a interessarsi di problemi sociali e politici in quanto scegliendo di fare il giornalista dovette occuparsi dei complessi nodi sociopolitici che si presentavano nella Prussia di allora e da filosofo materialista si avviò a diventare un politico-rivoluzionario. 

Marx, lavorando alla sua tesi, si era impegnato anche a comporre una storia della filosofia; Canfora, infatti, mettendo in evidenza nel suo saggio che “ogni filosofia è il risultato di tutte le precedenti” [3] fa cogliere perché Marx si era dato l’obiettivo di interrompere quest’automatismo che imperava negli studi della filosofia. Possiamo dire che con la sua tesi riuscì a delineare anche una svolta che purtroppo non fu portata a termine. Se la tesi di Marx fosse stata pubblicata, avrebbe rappresentato una rottura nel mondo accademico in quanto si sarebbe presentato non da hegeliano ma come un materialista che aveva abbandonato l’idealismo di Hegel. 

In seguito, divenne un seguace di Ludovico Feuerbach perché il suo pensiero fu apprezzato da Marx per la differenza che presentava rispetto all’idealismo di Hegel. Le opere di Feuerbach nell’Ottocento, specialmente in Francia, rappresentavano i motori della lotta non solo contro le istituzioni politiche, la religione e la teologia, ma anche contro quella metafisica intesa come speculazione su tesi rivelate in opposizione alla filosofia ragionata su tesi dimostrabili e verificabili. È chiaro che questi sono stati per Marx studi di formazione e in seguito, al riguardo di Hegel, scriverà: 

Nei suoi principi basilari il mio metodo dialettico non solo è diverso da quello hegeliano, ma ne sta proprio all'opposto.  Per Hegel il processo del pensiero, che egli trasforma persino, sotto il nome di idea, in un soggetto indipendente, è il demiurgo (il creatore) mentre la realtà è solo il suo fenomeno esteriore. Per me, al contrario, l’elemento ideale non è che l’elemento materiale, trasportato e trasposto nel cervello dell’uomo” [4].

È importante come Marx presenta Hegel a distanza di 32 anni, in quanto ci permette di cogliere che da studente aveva superato sia la filosofia di Hegel sia quelle di Platone e di Aristotele, che rappresentavano negli studi di filosofia classica i sistemi che imperavano nelle accademie dell’Ottocento. Vediamo però in estrema sintesi i tratti principali dei lineamenti del pensiero di Democrito e di Epicuro per cogliere le principali differenze tra i due filosofi. 

Per Democrito gli atomi sono il principio di tutte le cose e sono costituiti da particelle materiali differenti fra loro per quantità, non sono divisibili e si trovano nel vuoto, il non essere, che rende possibile il movimento creando un vortice nel quale gli atomi più grandi, offrendo maggiore resistenza, si collocano al centro e i più piccoli alla periferia, formando così il mondo con al centro la terra con le varie cose e gli organismi; gli atomi rappresentano l’essere, immutabile ed eterno, il nascere e il morire delle cose il divenire, che è dovuto all’aggregarsi e disgregarsi di essi. Tutto avviene secondo un rigoroso determinismo che è governato dalla cieca Legge del caso. L’anima è materiale e la conoscenza avviene in base alle sensazioni, mentre la morale non è quella del piacere in quanto Democrito sostiene che lo scopo della vita è la felicità, ma consiste nella serenità interiore moderando i desideri.

Per Epicuro, l’esposizione completa della sua dottrina è contenuta nel De rerum natura di Tito Lucrezio Caro (I secolo a. Cr.), la logica è definita canonica in quanto viene considerata come un canone e cioè un criterio che serve a guidare l’uomo nella vita pratica; la conoscenza ha origine dalla sensazione, mentre i concetti che sembrano innati permetterebbero il riconoscimento dei dati sensibili che derivano da esperienze precedenti e funzionano da anticipazioni (prolessi) per esperienze ulteriori; il criterio di verità sta nella evidenza delle sensazioni che sarebbero i sentimenti; la fisica ha uno scopo pratico e deve servire a liberare l’uomo dal timore di essere governato da forze soprannaturali o sconosciute. Rispetto alla fisica di Democrito, Epicuro aggiunge il clinamen, cioè la possibilità di una spontanea deviazione del movimento meccanico degli atomi che spezza le leggi del fato e introduce nel regno della necessità un principio di contingenza che rende possibile la libertà che è il presupposto della vita morale. Per quanto riguarda l’etica, l’ideale del saggio sta nella ricerca del piacere, hedoné, ma in base alla sua stabilità che è diversa da quella di Aristippo che la valutava rispetto alla sua intensità: si chiama atarassia, cioè serenità, e sarebbe lo stato fisico e mentale legato al raggiungimento del benessere e della felicità, ma per ottenerla non è necessario rinunciare ai piaceri. Le vie della virtù vengono indicate dal quadrifarmaco (tetraphàrmakos), quadruplice rimedio per combattere le angosce più comuni che attanagliano le persone quali il timore della morte, degli dei, del dolore e del destino: l’assunzione di questi farmacos era un compito filosofico indispensabile per raggiungere la felicità.

Canfora ha ottimamente analizzato le pieghe storiografiche della Doktordissertation di Marx, in quanto ha presentato una serie di dati che non erano noti sul suo periodo universitario, non soltanto con le fonti citate ma anche con testi e a volte con la traduzione in italiano che permettono di cogliere più agevolmente il quadro della tesi di laurea di Marx, il cui testo (pp. 1-56, le note pp. 58-89) merita ancora attenzione da parte dei biografi di Marx. Segue una breve sintesi dell’indice del libro:

Prefazione, pp. 5-7 (con data dichiarata “Berlino, marzo 1841”, non è stata consegnata alla commissione giudicatrice della tesi e sarebbe stata aggiunta da Marx per la stampa che non avvenne). Il testo, giudicato dalla commissione, si presenta con una dedica: “Al suo caro amico / il signor/consigliere segreto di governo / Ludwig von Westphalen / di Treviri / l’autore dedica queste righe / in segno di affetto filiale”, e con una dichiarazione al riguardo, p. 4; indice, pp. 8-9; testo della tesi che si divide in due parti, la prima tratta il tema in generale, pp. 10-23, la seconda nei particolari, pp.24-55, l’Appendice, pp. 87-90.

In finale desidero presentare un tema. Con le sue opere, Marx non è un autore semplice anche se con immediatezza si colgono i tratti essenziali del suo pensiero: per capirlo si richiede passione e naturalmente convergenza iperpolitica e interessi culturali mirati, occorre però avere strumenti intellettuali per gestire analisi mirate e non solo sulla sua biografia, che è complessa. Al riguardo ricordo che il 16 maggio del 1849, un anno dopo la pubblicazione del Manifesto, Marx fu espulso dalla Germania e divenne apolide, cioè senza nazionalità, e lo rimase per tutta la vita, nonostante avesse richiesto all’Inghilterra dove si era rifugiato la concessione della nazionalità inglese. 

Questa condizione ha pesato molto su di lui e sulla sua famiglia e ha influito su alcune delle sue opere che sono state pubblicate dopo la sua morte e non hanno avuto quella notorietà nelle varie fasi quando sono state composte. 

Una cosa è studiare Marx da studioso professionista, altra è studiarlo da libero cultore; i risultati sono ovviamente diversi, ma certe pieghe d’analisi non sono percepibili con immediatezza dai cultori rispetto ai professionisti. Marx come autore è uno dei pochissimi al mondo che riesce a non presentare barriere insormontabili fra studiosi professionisti e cultori e la costituzione del Laboratorio Critico da parte di Roberto Fineschi rappresenta una spiaggia sulla quale è possibile studiare insieme Marx e le sue opere.

 

Note:

[1] D. B. Rjazanov, Marx Engels Gesamtausgabe MEGA 1, vol. I.

[2] K. L. Michelet, Lezioni di storia della filosofia di Hegel, 1833.

[3] s.v., nella 1. Hegel «gigantesco» maestro, p. XI.

[4] K. Marx, poscritto alla seconda edizione tedesca del volume I, Il Capitale, Londra 24 gennaio 1873.

06/10/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

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L'Autore

Felice di Maro

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La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

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