La questione agro-industriale e le alleanze di classe

La mobilitazione dei trattori ha riacceso i riflettori sulla questione agroalimentare e del cambiamento climatico ma ha aperto anche delle sacrosante riflessioni sulla natura delle alleanze di classe


La questione agro-industriale e le alleanze di classe

L'industria agroalimentare che si è sviluppata nel capitalismo ha notevolmente aumentato il fabbisogno necessario della popolazione mondiale, facendo, in tal modo,  aumentare proporzionalmente la popolazione. Le grandi compagnie agro-industriali, con lo sviluppo dei mezzi di produzione, hanno riempito i granai, nonostante molti paesi sotto l'imperialismo facciano ancora fatica a soddisfare il fabbisogno quotidiano di ciascun individuo al contempo però tali industrie sono tra le principali responsabili della produzione delle emissioni di gas serra.

L'omologazione dei semi utilizzati sta in pratica facendo scomparire la biodiversità in natura e nelle nostre cucine. L'industria agroalimentare -proprio perchè incentrata sullo sfruttamento delle risorse naturali all'unico scopo di produrre la più grande massa di profitto per i “cappelloni” di turno- attualmente rappresenta il principale ostacolo ad un ulteriore sviluppo dei mezzi di produzione nel campo alimentare nella direzione di un più equo e rispettoso rapporto con la natura, che necessita un adeguamento al soddisfacimento dei limiti ambientali.

Nel futuro più prossimo, per contrastare i cambiamenti climatici, sarà necessaria la sovranità alimentare per ciascun territorio, riducendo di fatto lo spostamento di merci da un continente all'altro e mantenendo le stesse caratteristiche ambientali climatiche del territorio, limitando l'uso di pesticidi e producendo una varietà biologica necessaria a una diversità delle esigenze biologiche e una varietà dei sapori. Non solo, l'immaginario dei prodotti ha reso noi consumatori fruitori solo di una selezione di forme assolute di merce (mele bellissime e lucenti, melanzane gigantesche, ecc.), ma la mancanza di diversità nella merce agroalimentare non rispetta la natura, portando allo spreco di una quantità enorme di prodotti agroalimentari e ha le sue ovvie conseguenze sulla catena di distribuzione commerciale e soprattutto sui produttori. Il movimento dei trattori ha apparentemente ottenuto soltanto alcuni obiettivi, come l'innalzamento dei limiti dei pesticidi, il che di fatto agevola la grande filiera agroalimentare. Inoltre, la possibilità di limitare il tempo di maggese, pratica che mette a riposo parte del terreno agricolo per renderlo maggiormente fertile nel futuro, è stata ulteriormente limitata, il che costituisce un aumento di rischio per le prossime generazioni.Questa apparente conquista, come l'aumento dei pesticidi, di fatto agevola l'industria agroalimentare a discapito delle piccole e medie imprese.

I mass media cercano di aumentare la visibilità e mettere in contrasto le giuste rivendicazioni degli ambientalisti con quelle dei piccoli proprietari terrieri, che vedono calare i propri profitti nel rispetto delle direttive europee. Tuttavia, il rispetto dell'ambiente e una riconversione ecologica del settore potrebbero effettivamente agevolare il movimento dei trattori per una diretta soddisfazione dei bisogni territoriali nutrizionali, diminuendo il trasporto, aumentando la biodiversità e contrastando la speculazione internazionale. Tutto ciò contrasta con le politiche dell'Unione Europea che, di fatto, limitano ulteriormente lo sviluppo dell'industria agroalimentare, aumentando i profitti delle grandi imprese internazionali.  Con l’entrata in guerra dell’Italia a fianco degli Stati Uniti d’America in Yemen, basata sulle false dichiarazioni di proteggere le rotte commerciali marine, gli agricoltori e tutti noi perdiamo ulteriormente potere d’acquisto, sia per le fonti energetiche, sia per gli innalzamenti delle assicurazioni delle navi commerciali che passano in quello stretto, sia perché alcuni carichi preferiscono circumnavigare l’Africa piuttosto che passare in quello stretto. Inoltre, con la guerra fra Ucraina e Russia, l’Unione Europea ha tolto i dazi commerciali alle merci ucraine, che principalmente esportano materie alimentari. Questo supporto all’Ucraina porta una concorrenza sleale per le merci alimentari nostrane. In aggiunta, i politici europei hanno posto l’embargo alla Russia, di fatto il principale produttore di fertilizzanti, penalizzando ulteriormente gli agricoltori che vedono la produzione delle loro terre dimezzata.

Nelle ultime settimane c’è stata una mobilitazione di massa degli agricoltori italiani per rivendicare misure atte a rilanciare il settore, sempre più in crisi. Tali manifestazioni sono state lanciate spontaneamente dopo e grazie a mobilitazioni europee importanti. I primi che, anche per motivi geografici, hanno visto peggiorare la loro situazione sono stati gli agricoltori polacchi. Successivamente, la miccia polacca ha acceso gli animi in Francia e Belgio, quest’ultimo dove si sono riversate le mobilitazioni proprio il giorno che il Parlamento europeo doveva prendere delle decisioni. Invece, l’Unione Europea ha finanziato ulteriormente la guerra in Ucraina, anziché prendere delle decisioni per calmierare i prezzi delle materie prime e delle fonti energetiche, riaprendo le vie commerciali con la Federazione russa, tanto fondamentale per le nostre terre. Questa situazione complessa richiede una riflessione approfondita e una collaborazione internazionale per affrontare le complesse questioni che influenzano l'agricoltura e l'economia in generale. Per garantire che la lista per la pace promossa da Michele Santoro superi la soglia di sbarramento, è essenziale non solo opporsi alle guerre imperialiste, ma anche promuovere i diritti economici e sociali. La difesa del mondo del lavoro è cruciale per evitare che l'elettorato si disperda tra il voto utile per il PD o l'Alleanza sinistra-verdi o si lasci tentare dal voto di protesta per i rosso-bruni di Rizzo oppure per i 5 Stelle. È fondamentale associare l'opposizione alle politiche neoliberiste dell'Unione Europea alle questioni economiche e sociali. Esiste un'opposizione diffusa alle politiche europee, non solo tra il mondo del lavoro, ma anche tra i ceti medi e la piccola borghesia. Se questo spazio non viene occupato dalla sinistra, potrebbe essere conquistato da forze demagogiche o populiste. La questione delle alleanze di classe è cruciale: se la classe lavoratrice rimane isolata, non potrà contrastare con successo la grande borghesia. Perciò è essenziale ottenere l'egemonia sui ceti medi e la piccola borghesia, settori tradizionalmente controllati dalla destra in Italia. Attualmente, la protesta degli agricoltori, prevalentemente rappresentanti della piccola borghesia, dimostra la necessità di egemonia a sinistra. Le loro richieste sono compatibili con le battaglie della sinistra contro la grande distribuzione e le politiche neoliberiste dell'Unione Europea. La piccola borghesia ha due opzioni per risolvere queste rivendicazioni: può accordarsi con la grande borghesia per aumentare i prezzi a discapito dei lavoratori oppure può allearsi con i lavoratori per ridurre i profitti delle multinazionali. Inoltre, molte altre battaglie sono compatibili con la seconda posizione, in quanto c'è un'opposizione diffusa alle politiche neoliberiste dell'Unione Europea e agli accordi di libero scambio con Stati Uniti, Canada, ecc. L'inflazione è un altro aspetto importante che ha alimentato la protesta degli agricoltori. Questo fenomeno pesa notevolmente sui piccoli produttori, sulla piccola borghesia e sui ceti medi, poiché trasferisce i costi negativi della crisi alle classi sociali più deboli: quelli che dipendono da redditi fissi, la piccola borghesia e il ceto medio. L'inflazione è cruciale perché stabilisce un legame organico tra la lotta contro la guerra (la lotta di classe a livello internazionale) e la lotta per i diritti economici e sociali (la lotta di classe a livello nazionale).

La lotta di classe, attualmente unilaterale dei capitalisti contro i lavoratori salariati, i ceti medi e la piccola borghesia, è alimentata dalle politiche inflazionistiche che dipendono interamente dalle politiche di guerra. Esistono, infatti, due forme principali di guerra: la prima si manifesta sul piano economico, con l'embargo come pilastro centrale. Questa politica internazionale nefasta vieta all'Italia di commerciare con diversi paesi non allineati all'imperialismo, come Russia, Cina, Iraq, Venezuela, Cuba, Corea, e altri, limitando i mezzi di produzione e aumentando i prezzi delle merci, delle materie prime e delle fonti energetiche. Tutto ciò scarica i costi del protezionismo sul proletariato, il ceto medio e i piccoli proprietari terrieri. La seconda forma di guerra è quella aperta, come vediamo nei conflitti in Ucraina e in Palestina, che ricadono principalmente sulle popolazioni dell'Unione Europea e infliggono pesanti costi alle classi sociali più deboli, non solo ai lavoratori, ma anche alla piccola borghesia e al ceto medio che rischiano così di essere proletarizzati. La politica di embargo, che limita i mezzi di produzione vietando il commercio con diversi paesi, e la guerra aperta, pertanto, ricadono sui lavoratori, i ceti medi e la piccola borghesia, aumentando i prezzi delle merci e delle materie prime. È importante evidenziare come le guerre imperialiste mettano a rischio la vita e il benessere della maggioranza della popolazione. In conclusione, la lista per la pace deve occupare questo spazio di rivendicazioni sociali ed economiche per divenire credibile agli occhi delle classi sociali di riferimento. Bisogna sottolineare come le guerre imperialiste minacciano la vita e il benessere delle persone lavoratrici e dei piccoli produttori.

La lista per la pace non può limitarsi a essere solamente una lista per la pace; deve essere in grado di abbracciare l'ampio spettro di rivendicazioni sociali ed economiche che si stanno aprendo a sinistra. Per riconquistare credibilità agli occhi delle classi sociali di riferimento, è fondamentale mettere in risalto i fattori che rendono evidente come le guerre imperialiste, promosse dall'Italia, dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti, mettano a rischio non solo la vita individuale, ma anche il tessuto sociale della maggioranza della popolazione, sia essa lavoratrice o rappresentante della piccola produzione.

 

16/02/2024 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.

Condividi

L'Autore

Angelo Caputo

Pin It

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

Newsletter

Iscrivi alla nostra newsletter per essere sempre aggiornato sulle notizie.

Contattaci: