Generazione Erdoǧan: come si autosabota la solidarietà

Una generazione a metà tra Occidente ed appartenenza politica e familiare: votare socialdemocratico in Germania e nazionalisti-conservatori in Turchia, cavalcando l'esclusione anziché emanciparsi. È così che crescono i fascismi in Europa e nei Balcani, mentre il capitalismo fagocita tutti.


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In Italia si tende spesso a sottovalutare la portata delle elezioni politiche estere salvo poi lamentarsi dei conflitti in giro per il Mondo, usandoli spesso come alibi per draconiane misure economiche di tagli sui servizi pubblici in favore dello stanziamento di ingenti spese e spazi per le esercitazioni militari ma, nel frattempo, i quotidiani ed i settimanali tedeschi guardano alla loro situazione interna come specchio per quella estera.
In questo modo, mentre gli osservatori sulla stampa nostrana ne evidenziano il declino – a partire dal martirio delle maestranze di giornalisti sacrificati sull'altare dell'intelligenza elettronica preferita ai precari pagati 2 euro a pezzo - quella tedesca, all'indomani delle elezioni politiche in Turchia, esordiva con titoli quali "Generazione Erdoǧan"[1], "Erdoǧan o Kılıçdaroğlu? Così hanno votato i turchi in Europa ed in Germania"[2] e, più in generale, "Una persona su due ha un background migratorio: il 47,8% delle cittadine e dei cittadini di Mannheim hanno un Paese di riferimento diverso e la loro quota è aumentata"[3].

Come fatto notare da Euronews, "più di 5 milioni di persone di origine turca vivono in Europa e i loro voti hanno influenzato il risultato [delle elezioni nazionali del 14 maggio di quest'anno], con ogni politico che ha le proprie roccaforti regionali".

Queste ultime si concentrano soprattutto in Germania la quale, come per i primi gastarbeiter (lavoratori ospiti) giunti nel 1950 dal meridione d'Italia soprattutto nella zona sud-occidentale, ha storicamente accolto turchi (che, secondo l'Ufficio Federale per la Migrazione ed i Rifugiati – Bamf -, sono finora circa 2,8 milioni), polacchi, rumeni, bulgari, greci, russi, iraniani e, ad oggi, anche croati e ucraini.

È apparso dunque importante capire i proclami dei due principali candidati, ossia il ventennale presidente-dittatore Recep Tayyip Erdoǧan, wannabe padre-padrone della Turchia con un occhio sempre rivolto all'Europa centrale oppure ai Balcani spaccati sulla questione del sostegno alla Russia, ed il liberale del partito repubblicano CHP Kemal Kılıçdaroğlu, nostalgico di Atatürk come fondatore della patria il quale ogni sfidante politico turco rivendica come proprio ma che, al di fuori dei confini peninsulari, diviene santino pubblicato nelle storie social degli emigrati di volta in volta in segno di sfida al regime – se curdi, aleviti o appartenenti ad altre minoranze etniche del Paese -, o di incondizionato appoggio al caro leader.

Erdoǧan, leader del partito AKP, è colui che, nonostante la pessima gestione economica anche antecedente al terribile terremoto del febbraio di quest'anno, tale da mandare il Paese in recessione, ha ottenuto la stragrande percentuale dei voti dai distretti sud-orientali della Turchia, ovvero quelli a maggioranza curda: il paradosso continua negli Stati di emigrazione come la Germania, dove dapprima si critica la discriminazione subita in quanto semplici discendenti di famiglie etnicamente o politicamente minoritarie, per poi continuare a sostenerlo in quanto "[fa] bene alcune cose non seguendo completamente il mondo occidentale"[4].

Per comprendere questo concetto, basti pensare ai risvolti pratici dei risultati del voto per il referendum costituzionale che, nel 2017, ha trasformato la Turchia da sistema parlamentare a presidenziale puro, accentrando i tre poteri legislativo, esecutivo e giudiziario nelle mani del presidente, così come quelli delle elezioni presidenziali dell'anno seguente: in entrambi i casi, i turchi residenti o domiciliati in Germania hanno votato a favore del sì e dello storico dittatore con percentuali bulgare rispettivamente attestate sul 63 e sul 64,8%[5].

Il tutto si traduce in una ricerca di coesione sociale da perpetrare a qualsiasi costo, anche incrementando la forza lavoro degli Stati europei che, col loro capitalismo radicato, approfittano delle campagne demografiche promosse da Erdoǧan all'estero per avere più braccia soprattutto per le loro industrie, la ristorazione, la logistica e la cura degli anziani.

Così, mentre alcune forze politiche ed alcuni pensatori occidentali ammiccano alle lotte politiche locali, in special modo turche e siriane, romanticizzandole ben oltre i fini spesso importati come le armi per combattere in loco, lo sfidante dello storico dittatore al ballottaggio del 28 maggio, ossia Kılıçdaroğlu, ha serrato la sua difficile perché osteggiata campagna elettorale attorno alla promessa della cacciata di ben 10 milioni di profughi, tra rifugiati, richiedenti asilo e sfollati, accusando Erdoǧan di “non aver protetto i confini né l'onore [della Turchia]”.

Peccato che, nelle sfide politiche interne, si abusi della sacralità dei confini mentre, all'estero, esistano realtà completamente travolte da un'integrazione impossibile se non perseguita dalle istituzioni locali né effettivamente voluta da chi ne dovrebbe godere.

Realtà scisse, per la cui stampa locale è ancora possibile indicare i responsabili dei regimi mondiali, spaziando dall'Africa sub-sahariana al sud-est asiatico, ma non ancora pronte a differenziare gli status politici, le necessità di protezione e di accesso istituzionale e culturale per gli appartenenti a fazioni ancora in vivo scontro tra loro, perché trattasi sovente di scafisti, sfruttatori o fiancheggiatori di qualche racket contro connazionali in continua minoranza, dentro e fuori dai confini dei medesimi Stati dai quali scappano.

L'esempio calzante sarebbe quello di Mannheim, uno dei centri più interessati, all'indomani della vittoria di Erdoğan, da lunghi e chiassosi caroselli di turchi in festa che, con le loro macchine di lusso, la musica tradizionale a volume massimo, i clacson incessanti e le bandiere sventolanti dai finestrini, hanno dimostrato quanto l'"effetto pizza" sia ancora contemporaneo: parafrasando quest'ultimo, si coglie come la scelta politica compiuta alle urne dai turchi residenti all'estero e, in particolare, in Germania dove Erdoğan ha ottenuto la maggior parte dei voti, finisca per riverberarsi sulla vita dei connazionali ancora residenti entro i confini, nonché piagati dalla repressione totale e dalla crisi economica esacerbata dalla dilagante corruzione a base tradizional-religiosa e familiare.

Mannheim, città sita nel nord-ovest del Baden-Württemberg, nonché attuale centro nevralgico, economico-produttivo e culturale, della regione metropolitana denominata Reno-Neckar, è attualmente balzata al centro delle cronache tedesche come uno dei centri popolati per metà da stranieri che, nel suo quartiere più difficile, ossia Neckarstadt-West, divenuto tale per precise scelte politiche che l'hanno condotto a diventare coacervo di disagi abitativi, integrazione mai riuscita e sfruttamento della prostituzione, sono la schiacciante maggioranza rappresentando ben il 68,9% dei residenti[6].

A Neckarstadt-West sorge la sede del consultorio e centro di consulenza denominato "Amalie", sita a circa 350 metri metri dall'ex strada pubblica a luci rosse oggi completamente sbarrata, in entrata ed in uscita, da due enormi cancellate in ferro: dai tempi di Gutemannstraße, sede di bordelli che esibivano su strada i cartelli con le denominazioni ed i tariffari delle prestazioni, si è giunti a quelli di Lupinenstraße, la via delle lupe latine nel senso più dispregiativo del termine, con le sue Laufhaus, i locali di streaptease con le vetrine al piano terra e le stanze per consumare le prestazioni ai piani superiori, ma anche alla nascita di organizzazioni come la sopracitata "Amalie", il cui nome significa emblematicamente "coraggiosa". I medici, gli assistenti sociali e gli psicologi che vi lavorano, offrendo le loro competenze professionali a titolo gratuito, seguono progetti che spaziano da quello europeo denominato "Horizon Plus", per la fuoriuscita sicura nonché la creazione di alternative per le donne intrappolate nella prostituzione, fino all'assistenza ginecologica, sanitaria ad ampio spettro e legale contro gli abusi dei privati e dei pubblici ufficiali.

L'aspetto distopico della situazione è dato dal fatto che, mentre lo Stato tedesco ha completamente legalizzato la prostituzione a seguito dell'approvazione, a partire dal 1° luglio 2017, della proposta di legge che ha reso questa attività legale perché basabile su una "scelta volontaria" e liberalizzandone la promozione, ossia abbattendo l'ostacolo della precedente accusa di favoreggiamento della prostituzione a carico dei proprietari dei bordelli, la politica locale si scontri con gli interessi economici di questi ultimi "imprenditori del sesso" che, indipendentemente dalla legalizzazione del lavoro delle decine di donne che si susseguono in continuazione nelle strutture appositamente adibite, lucrano sulla creazione di veri e propri distretti del sesso nei quali, come nel caso della Lupinenstraße di Mannheim, sorgono persino bar e fast-food anch'essi pensati per soddisfare in toto le esigenze dei clienti.
Digitando il nome della tristemente nota strada del sesso nel centro produttivo del Baden-Württemberg, la stragrande maggioranza dei risultati di ricerca rimanda ad articoli di cronaca riportanti le veline della questura locale, uno dei cui commissariati è sito proprio nel medesimo quartiere di Neckarstadt-West, come quelli che riportano le violazioni alla stessa legge sulla prostituzione che obbliga i datori di lavoro, cioè i gestori dei bordelli, alla registrazione delle prostitute ed alla loro contrattualizzazione ufficializzata presso l'Agenzia delle Entrate (Finanzamt)[7].

I reati maggiormente riscontrati e denunciati dalle forze dell'ordine sono relativi alle violazioni della legge sulla protezione della prostituzione, al favoreggiamento ed allo sfruttamento dell'immigrazione clandestina, fino alla contraffazione di documenti quali permessi di soggiorno e di lavoro, passando per il lavoro subordinato illegale e lo spaccio di sostanze stupefacenti. Nella tacita regola della tripartizione del potere, esistono persone che lo esercitano ed altre che lo subiscono, sulla base dell'oggetto stesso del comando: la paradigmatica situazione che ne deriva, a Mannheim così come in tutti i luoghi nei quali avviene la legalizzazione di qualche fenomeno più economico che sociale, come lo sono la droga e la prostituzione, è quella in base alla quale i residenti del quartiere attorno al distretto a luci rosse tollerino abbassando la testa, la politica locale cerchi di alzarla proponendo periodicamente progetti di riqualificazione come la costruzione di nuove ed indispensabili unità abitative per affrontare l'emergenza affitti che divora l'intera Germania[8], e lo Stato centrale legiferi sul capo di tutti, curandosi di pochi ma strategici interessi speculativi.

Non si può non comunicare: è un assioma che si dovrebbe imparare nei primi anni delle superiori. Senza soggetti non si può costruire una frase e senza verbo, a indicare l'azione, non sussiste proprio l'affermazione. Nonostante il dominio della parola, la specie umana vive il paradosso delle comunicazioni, la legge ferrea dell'oligarchia, il ciclo della violenza e tutta una serie di fenomeni circolari dai quali non riesce ad emanciparsi.

O, forse, non riusciremo a crearci una coscienza fintanto che resteremo impantanati nelle retoriche dell'''imparare facendo'': si è infatti ben lungi da un eventuale processo di apprendimento del genere essendo obbligati dalla necessità allo svolgimento di turni da 10 ore che, in ogni lavoro dalla ristorazione alla logistica, hanno preso la forma della catena di montaggio tale da liquefare il lavoratore sull'altare del consumismo che tutti fagocita, lui compreso. D'altronde, è proprio così che si comprende a proprie spese quanto sia importante investire nello studio della lingua del nuovo Stato nel quale ci si trova e che, per un motivo o per un altro, grave o meno, ci trattiene sul suo suolo. Le scuole di lingua sono tritatutto di persone e soldi, specialmente in una società che si spaccia per multiculturale e variegata. La realtà dei fatti, ossia quella che si vive durante la frequenza dei corsi intensivi della durata di 5 giorni a settimana per 9 mesi, è che l'integrazione non esista perché più o meno involontariamente impantanata in classi pollaio che contano schiaccianti maggioranze di una sola nazionalità, quella turca, in proporzioni di 7 allievi su 10.
Proprio attorno a questo problema verteva la lamentela ufficiale di Ahmed che, sollevando la questione con la segreteria della scuola di lingua e con il JobCenter che indirizza presso la stessa istituzione tutti gli stranieri disoccupati, si è visto messo alla porta dalla successiva bocciatura agli esami di rilascio del certificato del seppur basso livello B1 di tedesco.

Conseguentemente, questi studenti saranno propensi a parlare la stessa lingua madre nonché a mettere in atto i medesimi schemi comportamentali dettati, nella preponderanza dei casi, dalla religione e da rigide superstizioni locali.
Tenderanno così alla territorialità prettamente animale, e quindi umana, escludendo le minoranze etniche non considerabili tali ma che, di fatto, saranno ridotte a riserve indiane nelle classi così come nei quartieri popolari nel pieno centro delle città industriali e commerciali.

Al contempo, i nativi sono portati a considerare quelle stesse parti di città come periferie-cantine nelle quali stipare sì l'armadio di formica demodé della zia ormai deceduta, però pure le cimici che ci si formano sopra creando vere e proprie colonie.

E poco importa se queste ultime, traducendo la metafora in osservazione dei fatti, manifestano nei quartieri e nelle istituzioni cardine come le scuole la loro "tendenza imprenditoriale".

Trattasi di una specie di Blob criminale spinto da finanziamenti di dubbia provenienza, dallo sfruttamento degli stessi connazionali più deboli e poveri d'origine, dalla perpetrazione di comportamenti discriminatori nei confronti di alcune nazionalità o di vera e propria esclusione o persecuzione di altre etnie dettata da questioni politiche che l'occidentale medio non conosce veramente, se ha letto solo qualche fumetto che le romanza come fossero ''guerre di civiltà'' (praticamente in parallelo con ''gli eserciti che esportano la libertà'').

Può quindi capitare che, tra i compagni di classe che fuggono dalle guerre, dai talebani, dalle invasioni occidentali e non, dagli Stati teocratici che fanno della religione un cappio da stringere al collo degli oppositori politici o dei non socialmente allineati al loro conservatorismo feudale, si nascondano gli approfittatori dello status di rifugiato politico.

Sono bestemmiatori di un istituto internazionale sacro come il pane e come la libertà per chi ha la guerra negli occhi vitrei da vecchio nonostante sia ancora quasi un bambino, tramutato da pochi ma pervicaci disonesti in truffa attraverso cui piazzarsi nello Stato in cui sono emigrati.

Certi approfittatori, capito di essere una maggioranza di profeti fuori patria, lo usano come alibi e scudo per lanciarsi in affermazioni che suonano alla stregua di provocazioni alle quali, reagendo per difendere la "libertà d'espressione" propria ed altrui, fanno automaticamente passare il malcapitato che si espone persino per intollerante, minoritario razzista e nostalgico delle dittature fasciste europee.

È evidente come la sindrome rancorosa del beneficiato porti alcuni di loro a discriminare minoranze interne al loro stesso Paese di provenienza o popolazioni provenienti da quelli confinanti, o comunque non alleati alle dittature interne che appestano il loro stesso Stato.
"Più uno è ossessionato da Dio, meno è innocente. Non è possibile essere coscienti della divinità senza sensi di colpa. Così Dio raramente si trova in un'anima innocente", sosteneva il filosofo e saggista rumeno Emil Cioran.

Ma gli ossessionati dalle morali e dai sensi di colpa religiosi continuano a perpetrare visioni pericolosamente ristrette al suon di «terroristi comunisti», «gli atei non esistono, tu devi avere una religione. Funziona così», o ancora «meritano la punizione» e, se questa è capitale, reagire con incredibile nonchalance affermando «ma come, è normale la condanna a morte se sei gay. Sei contronatura».

Intanto, a Mannheim, un giovane croato omosessuale abbandona la città perché esausto di subire molestie verbali da parte di alcuni uomini i quali, in barba alle pratiche religiose che emergono dai simboli da loro stessi indossati, trovano difficile concepire come qualcuno voglia semplicemente stare da solo e facile, invece, molestarlo con continui inviti a sfondo sessuale accomunati dall'offerta di pagamento.
La condanna dei gusti sessuali altrui dimostra lo scontro tra la realtà oscura dell'imposizione religiosa dogmatica che si insinua fin dentro gli usi ed i costumi dei singoli ed il desiderio latente, quello umano di scoperta e sperimentazione, celato dai fondamentalisti dietro l'offerta concupiscente del mondo occidentale corrotto.

La scuola dovrebbe rimanere perenne baluardo fondamentale per gli stranieri e per la società intera, sia quella di provenienza degli emigrati che li vedrà formati non solo nell'uso di quattro regolette grammaticali, ma anche e soprattutto nella conoscenza di nuovi mondi e culture, sia in quella di destinazione che dovrebbe consentire soprattutto ai rifugiati un percorso di completa emancipazione dai diktat di qualsivoglia genere e tipo legati alla loro provenienza per ampiamente superate questioni di nascita.

Se però le scuole di lingua finiscono per veicolare i contenuti deliranti di alcuni, omofobi, razzisti e sessisti, la situazione è quella di un'allarmante escalation di finta tolleranza imposta nei confronti dell'intollerabilità di soggetti, subalterni e stupidi nazionali o importati poco importa, che veicolano messaggi di discriminazione e violenza anche nei modi di approcciarsi agli altri in occasioni pubbliche e private.
Tra i frequentanti di una delle scuole per stranieri di Mannheim, si possono inanellare casi emblematici come quello di Ali, ex poliziotto iracheno di origini curde che propone divertimenti sfrenati e sesso di gruppo pur dicendosi fermamente convinto di abbandonare nell'immediato futuro la compagna slovacca in favore di “una vera donna da sposare, giovane e vergine, che sceglierò dal mio paese e porterò qui in Germania, dove ci sono i soldi. Ma non sono mica come i tedeschi che sposano le asiatiche perché, per noi musulmani, questa è tradizione”. Oppure ancora quello di Assim, iraniano spacciatosi pubblicamente per siriano rifugiato perché anch'egli fuggito nel flusso dei curdi diretti verso la Mitteleuropa che individua, al fine di indurre alla prostituzione fungendo da mediatore, “ragazze dell'est o dai tratti somatici affini, perché più gettonate per vendersi. Scegliere di farsi pagare per fare da accompagnatrice è un affare per loro”, anche quando la sua vittima finisce per innamorarsi di un giovane turco il quale, nonostante la giovanissima età e l'apparente voglia di moderna libertà, la abbandona al suo destino perché gli adulti del suo gruppo dei pari hanno deciso di seguire il pensiero che Ceren riassume: “in Occidente si usano le one-night-stand, no? Nessuno vorrebbe qualcosa di più, con una ragazza che non conosce la virtù”.

La visione del ragazzo turco appartiene ai nostri giorni, pur collegandosi tristemente alle testimonianze raccolte in un articolo datato 2011 che, a sua volta, riprendeva un dossier pubblicato sul settimanale tedesco "Der Spiegel". Gli estratti delle dichiarazioni riportate consentono di avere il polso di una situazione che si perpetua nelle società oscurantiste estendendosi a quelle di immigrazione con il suo fardello di insostenibilità per le donne turche: "Per le ragazze, la cosa peggiore è essere stigmatizzate come prostitute - dice Leila-. L'onore di tutta la famiglia dipende dalla verginità delle figlie" mentre, al contrario, "i ragazzi possono spassarsela in giro quanto vogliono, ma se lo fa una ragazza può aspettarsi di essere uccisa (…)"[9].

Sviscerando la condizione attuale basata sull'utilizzo generalizzato dei social network e sulle interazioni tanto virtuali quanto reali, si conferma una previsione alquanto grigia che adombra le nuove generazioni a partire dalle interazioni registrate nei commenti ai post che adolescenti e giovani adulti si scambiano sulla piattaforma "Gutefrage", presentata come "la più grande per le domande-risposte in lingua tedesca"[10].

Perciò la scuola, non intervenendo per tempo nel cassare affermazioni, comportamenti ed azioni inqualificabili, si rende complice di quei soggetti che, ultimato il corso di integrazione linguistica e culturale pagato interamente con soldi pubblici per alcune categorie di destinatari, ossia i disoccupati di breve o lungo corso, gli inoccupati, i membri di famiglie numerose e coloro che abbiano ricevuto il visto come rifugiati politici, hanno sputato in faccia ad altri stranieri.

Alcuni immigrati si sono infatti sacrificati per frequentarlo mentre altri si permettevano di non presentarsi alle lezioni pagate, o di buttare il materiale didattico pagato da tutti a pochi di loro ma, soprattutto, incrementando fenomeni a dir poco allarmanti di cat calling e molestie verbali e fisiche a trasversale danno di donne e uomini. È così che svelano la malcelata violenza nelle loro stesse parole ed azioni da ipocriti, nell'invocare moralità e condanne a morte che imbianchino il loro sepolcro. Il singolo volenteroso viene inevitabilmente posto nella condizione di abbandonare la scuola, rendendosi indipendente dall'istituzione che lascia per salvaguardare la sua salute ed il suo portafoglio piagati da insegnanti svogliati o anch'essi stranieri i quali nemmeno conoscono bene ciò che debbono insegnare.

I fenomeni dei quali poi ci si lamenta, perché più difficili o impossibili da estirpare, sono proprio gli stessi che, paradossalmente, sono anche stati semplici da creare da parte di masse di persone frustrate dalla mancanza di motivazione, dall'ignoranza e dall'indifferenza verso il proprio prossimo. È questo il caso dei pregiudizi nati a partire dalla costituzione, mediante gli elementi sociali tutti attorno, di una nuova realtà in grado di diventare autonoma tanto da alimentarsi e rendersi tangibile nonché dura a morire, per quanto possa poi rivelarsi intrinsecamente immotivata e stupida.

Mese dopo mese, nuovamente chiamati ad immergersi nella fondamentale informazione locale, primo termometro del Mondo in cui viviamo, si nota subito quanto, proprio negli articoli di denuncia dei fenomeni di cronaca, manchino i soggetti.

Eppure i giornalisti locali sono cresciuti in Germania e, quindi, dovrebbero conoscere le regole grammaticali e della comunicazione: non si può non comunicare ma, non ultimo, senza il soggetto non si può costruire una frase.

In poche, spicce parole, non si può pensare di descrivere un fenomeno di molestie per strada o in qualsiasi luogo pubblico omettendo i principali esecutori dei reati in nome di un senso di colpa forse storico che, alla luce degli attuali fatti e dei progressi che l'umanità si sforza o almeno dovrebbe sforzarsi di fare, non sussiste nei casi specifici ai quali si interessano ormai poche associazioni politiche locali.

Allo stesso modo, non si può pensare di continuare a sostenere la prostituzione ''ordinata e legale'' quando un determinato fenotipo, un colore di capelli, un tipo di vestiario o anche solo una cura estetica nell'abbigliarsi possano essere liberamente associati al meretricio.

Alcuni allarmanti episodi discriminatori sono stati oggetto di una breve ma intensa disquisizione proprio durante la lezione tenuta da una delle poche insegnanti madrelingua tedesca presso la scuola per stranieri: lei ha infatti raccontato agli allievi un caso assurto alle cronache locali di Mannheim per la sua gravità, sollevando questioni ormai sedimentate per le nostre società come le classi miste, la prossimità tra compagne e compagni di scuola e l'integrazione tra bambini aventi le più svariate origini. Al fine di spiegare agevolmente l'accaduto, l'insegnante in questione ha mimato la scena nella classe di immigrati da lei seguita prendendo come esempio, tra loro, una ragazza dai capelli rossi naturali: “ecco, immaginate che mi rivolga a lei chiamandola Nutte (puttana, in accezione volgare) perché è nata così e, solo per questo, turberebbe voi maschi”.

Ignorando questi richiami, si consente ad alcuni soggetti di sesso maschile di usarli come via libera per insistere con la malcapitata o anche il malcapitato di turno, in coda mentre fanno la spesa, mentre camminano non scortati da altri o attendono un mezzo pubblico nella strampalata, insistente ed offensiva contrattazione di una prestazione sessuale dietro compenso da consumare, secondo il pensiero bacato di questi malintegrati, in qualche vicoletto pubblico nei paraggi.

Così come non si può pensare di fare campagne a sostegno della prostituzione legale nei bordelli quando, per realizzarli, si dà di fatto il via libera ad un abusivismo poi condonato che porta alla chiusura di strade pubbliche nel quartiere più popoloso e popolare della città. O quando questa legalizzazione porta donne disperate di qualsiasi età ad essere sfruttate al loro interno anche solo per pagare l'affitto di un letto ed un comodino a dei papponi magari perfino loro connazionali, che girano agghindati d'oro come le pacchiane statue gravate da tutti gli ex voto alle processioni di paese.

Perché, mentre in Occidente si grida alla libertà di ripristinare questa o quell'altra concessione, i figli delle lavoratrici sono costretti ad andare in un asilo nascosto dietro vetri fumé e cancelli scuri a due passi dal luogo di lavoro di alcune mamme ormai additate come fossero loro le appestate e non i clienti, la piaga.

Riportando alcuni stralci dell'articolo "Tratta di esseri umani: Qui posso essere di nuovo umana", tratto dal Rheinneckar Blog[11], "le opportunità di sfruttamento – relative alla prostituzione, ndr – sono enormi. Secondo le stime, il 95% delle donne non lavora volontariamente, ma costretta spesso da parenti o dai compagni di vita. Secondo l'Ufficio federale della polizia criminale, dieci città in Germania sono al centro del traffico di esseri umani. Mannheim è una di queste. La maggior parte vuole solo una cosa: uscire dal business".

Seguendo le dichiarazioni di Julia Wege, fondatrice e membro del centro di consulenza "Amalie", la prostituzione "(…) non avviene solo nei bordelli o negli stabilimenti simili, ma anche per strada e negli appartamenti", ed il solo parlarne o intervenire provoca ancora critiche e reazioni violente: "(…) Perché le prostitute hanno bisogno di aiuto? Se lo sono causate da sole, o hanno abbastanza contatti", dicono ancora tante persone, nonostante si sappia ormai come le donne siano "troppo spaventate. Non conoscono i loro diritti. Molte provengono dall'Europa sud-orientale, e non parlano il tedesco. La maggior parte sono analfabete. (…) Puoi letteralmente osservare il deterioramento fisico e mentale" perché prostituirsi significa "(…) lavoro notturno, luoghi di residenza che cambiano continuamente e non avere famiglia ed amici, così come una vita in completo isolamento. La maggior parte delle donne non hanno un'assicurazione sanitaria [obbligatoria in Germania ed in Austria, dove la prostituzione è legale, ndr]. Temono la perdita della loro autonomia sessuale e la libertà di scegliere quando e dove lavorare. (…) Hanno paura delle conseguenze sociali negative associate", mentre "(…) devono servire dai 20 ai 30 uomini al giorno. Nessun corpo femminile può sopportarlo. Le donne hanno ferite interne come dopo uno stupro. Droghe e farmaci sono usati per alleviare il dolore" e ciò si lega ad un aumento del "(…) rischio d'infezione [che] è enorme. I clienti offrono più soldi per il sesso non protetto. A causa della mancanza di conoscenza, le donne spesso infettano il proprio partner: più della metà delle donne ha un partner o è sposata. Molti non usano la contraccezione: vengono da noi donne che hanno già avuto dieci aborti (…)"[12].
La frequenza della scuola aiuta a capire come le uniche dinamiche che interessino davvero i piani più alti, quelli borghesi pubblici che mollano gli altri nel loro calderone - stranieri e non, ma sempre poveri -, è la continuazione del benessere economico a qualsiasi costo. Poco importa se i veri destinatari siano pochi mentre i produttori materiali, gli operai, rappresentino la schiacciante maggioranza nonché i primi consumatori di inutili cianfrusaglie che plachino il loro malessere e sublimino la loro voglia di bellezza buttata tra un palazzaccio e l'altro, tutti attaccati e tirati su in fretta e furia come loculi di un cimitero di ciminiere e smog. L'unico contesto che importa non è quello sociale: non si correggono infatti gli approcci globalmente malati alla politica da parte di alcuni – troppi -, tendenti all'odio religioso e razziale. Bensì le stesse scuole, di qualsiasi ordine e grado, spingono al solo adattamento nei confronti del contesto economico mediante il livellamento sulle professioni maggiormente ricercate dalla stessa società che fa finta di accogliere tutti per poi gentrificarli e lasciarli in pasto a chi, tra loro, farà valere la legge della giungla.

Vince il più forte ad adattarsi ai canoni capitalisti che vogliono l'operaio factotum, il Cristo dei chilometri sulla metro per uno stipendio che non copre nemmeno l'affitto di un monolocale da 20 metri quadri, la cameriera che, se molestata dai clienti, secondo qualche straniero come lei “se la cerca, perché è una bella donna occidentale ed è normale che quelli si sentano provocati”.

L'omologazione depoliticizzata parte già all'interno della scuola di lingua per stranieri, dove le autorità locali contrattano lo spezzettamento dei corsi di livello superiore in maniera da renderli naturalmente molto più cari nonché orientati alla formazione di figure tecniche destinate principalmente alle fabbriche, ai negozi specializzati e, nel settore terziario, solamente all'assistenza degli anziani e dei disabili nelle strutture sanitarie assistite.

Naturalmente, ça va sans dire, gli stessi insegnanti spingeranno i più qualificati tra i frequentanti ad abbandonare le loro ''velleità intellettuali'', anche quando prontamente corroborate da fior fiori di titoli di studio accademici, anni di ricerca e formazione professionale. Il riconoscimento formale della figura professionale seppur tecnica nel suo settore è ancora troppo spesso ripagato a suon di umiliazioni pubbliche quali “ah, facevi questo lavoro... Sognavi il grande salto... E, adesso, fai la cameriera? Guarda che tonfo..!”.

L'eloquente gesto della discesa a cascata ed il risolino sarcastico accompagnano l'affermazione di un'insegnante che insegna agli immigrati in una scuola di quart'ordine e non in un bel liceo con una bella paga, tra persone nate in Germania da genitori non stranieri come i suoi, sua vergogna e suo pungolo, pagliuzza nell'occhio di chi guarda e trave nel suo pensiero ora divenuto razzista verso gli ultimi che mai si emancipino, per carità. I lavoratori delle istituzioni, coloro che dovrebbero vivere la loro missione di educatori promuovendo la coscienza in sé e per sé, evidentemente non pensano agli altri e, parafrasando il poeta palestinese Mahmoud Darwish, non incarnano certo per loro "una candela in mezzo al buio".

Appare quanto mai complesso, specie alla luce delle esperienze dirette in Paesi esteri ma pur sempre europei, tracciare le dinamiche di discrepanza tra potere e obbedienza.

Guidati dall'osservazione delle realtà locali, si giunge alla conclusione che determinati e dilaganti regimi di invasati siano sostenuti da una larga parte di popolazione religiosamente fanatica, culturalmente gretta, volutamente autolimitata sia essa subalterna, povera tra i poveri, o stupida, borghese tra i borghesi, ma pur sempre corrotta e feudale nella pratica quotidiana e politicamente reazionaria spinta, ossia creatrice prima e fautrice poi di punti di contatto tra alcuni discriminati e i discriminanti. L'improbabile diventa concreto nel momento in cui gli esclusi a parole fanno affari sporchi con alcuni esponenti di minoranze politiche loro nemiche, che vivono nell'attichetto in centro mentre gestiscono spaccio, prostituzione e usura nei quartieri popolari dove bazzicano solo a bordo dei loro bolidi a motore per riscuotere pizzo e vite. Questo malsano clima lesivo della dignità sociale e politica del nostro mondo, piccolo o grande e generale che sia, si nutre dell'atteggiamento di vile compiacimento di chi, giunto in Germania così come in altri Stati europei, li vede unicamente come paesi dei balocchi.

In essi combattono perennemente non i lupi che menzionano sui social come fossero novelli guerrieri in chissà quali tempi cupi, bensì combattono i codici interiori di molti soggetti i quali si lacerano tra il gusto desiderato, ossia quello occidentale visto non come libero ma come lascivo e pullulante di quisquilie materiali, e lo stesso atteggiamento condannato secondo una morale ipocrita, familiare, abusante della vita e delle scelte altrui tanto da tarpare il libero arbitrio fino alla sua completa negazione.

Date le condizioni in cui versa una delle locomotive del sistema capitalista globale, questa terra promessa per milioni di migranti fa sì che, attraverso il passaparola, loro riescano a trapiantare comunità intere in una sola città fino a ricostituire canali criminali in un'enclave in grado di sopravvivere e ricrearsi all'occorrenza sempre nel proprio micromondo.

Come se non fossero mai emigrati, ossia parlando la stessa lingua e mantenendo le proprie ferree leggi interne, religiose e familiari-settarie, creano veri e propri monopoli di fatto dentro e fuori dai quartieri popolari nei quali vivono, riuscendo persino ad inserire nelle graduatorie delle case popolari parenti ed amici appena giunti in terra straniera.

Molti degli immigrati mai veramente integrati lavorano nelle loro botteghe che, tra un pallet di chewing-gum dal gusto esotico, un piccolo centro di raccolta pacchi, prodotti da forno e gioielli da decine di migliaia di euro ma senza prezzi esposti, riescono a vivere ben al di sopra del tenore di vita medio del povero emigrato che sbarca il lunario lavorando e vivendo come uno schiavo.

Secondo quanto riportato in un interessante articolo pubblicato nel 2011 ma ancora pericolosamente attuale in quanto verificato dagli impiegati presso le istituzioni locali, "(…) per colmare i deficit del passato ci vorrà del tempo. Gli immigrati turchi fanno ancora fatica a inserirsi nel mercato del lavoro tedesco, soprattutto perché sono in ritardo nel sistema scolastico.

I figli di famiglie immigrate frequentano le scuole superiori a indirizzo universitario meno spesso delle loro controparti tedesche e sono spesso rappresentati in modo sproporzionato nelle scuole secondarie inferiori. Il tasso di abbandono scolastico è più elevato tra gli studenti con un background di immigrazione"[13].

In un contesto tossico, chi mena per primo mena due volte: prendendo per buona questa grossolana norma di strada, chi urla per primo e più forte di essere una vittima, verrà preso come tale anche a scapito di chi, non sgomitando né sbandierandolo ai quattro venti, lo è veramente.

È così che si assiste a strani fenomeni di controllo da parte degli enti pubblici come il JobCenter (equivalente dei Centri per l'Impiego italiani) o l'Arbeitsamt (corrispettivo dei nostrani Uffici di Collocamento), fino a quelli a tutela dell'infanzia e della gioventù come lo Jugendamt, su casi apparentemente irreprensibili di giovani e giovanissimi rifugiati politici.

È questo il triste caso di Farouk, minorenne curdo che sognava l'università e una storia d'amore da film hollywoodiano ma che, nella durezza quotidiana dei rapporti obbligati col fratello maggiore e la lotta tra quest'ultimo ed il suo curatore, ha dovuto frequentare una scuola professionale che, in Germania, sbarra l'accesso accademico e consente solo altre formazioni professionali mentre, nella sua vita privata, sviluppa una mascolinità tossica dovendo dimostrare di frequentare le numerosissime sale slot della città ed i bordelli nei quali il parente maggiorenne l'aveva introdotto per farlo deflorare.

Questi giovani e giovanissimi attenzionati, ciucci in mezzo ai suoni tradizional-religiosi e le sirene di una società occidentale che li attira e al contempo li ripugna, piangono solitudine ed enormi difficoltà nonostante vivano in contesti familiari interamente ricostituiti in una sola città apparentemente insignificante, buttata a caso tra i campi a scacchiera e le ciminiere delle industrie pesanti nel sud dei Paesi centroeuropei.

Assicurati dallo Stato in ampi studentati che pubblicizzano il melting pot, si ritrovano tra connazionali in possesso di un visto da rifugiato ma che, di politica, non sanno nemmeno la geografia del loro stesso Paese di provenienza non avendola mai seguita né, men che meno, essendosi minimamente sognati di farla in modo attivo.

D'altronde, avendo fuori dalla struttura di accoglienza tutti i loro familiari, stranamente nessuno dei quali perseguitato, incarcerato o morto nella terra natìa, possono permettersi di ricreare lo stesso ambiente tossico dal quale, in teoria, sono scappati chiedendo un aiuto internazionale teso a proteggerli, consentendone l'emancipazione.

L'integrazione pubblicizzata come piatto forte della casa si rivela dunque un triste oligopolio di nazioni nel quale emergono false élites che si atteggiano a tali solo perché, parlando a raffica una lingua imparata male e resa peggio, giocano con gusto a fare i maestri di vita degli ultimi arrivati, siano essi veri rifugiati completamente soli, deboli e facilmente ricattabili oppure le loro vittime predilette, ossia i migranti economici descritti da altri stranieri extracomunitari come europei privilegiati.

Persino quando, nel mio ed in chissà quanti altri casi, si proviene da una regione, la Sardegna, che ha al suo interno la zona più povera dell'intera Europa, ossia il Sulcis.

Quando il migrante economico, che non grida una versione falsa della propria storia, incontra il falso rifugiato politico, il migrante economico è destinato a fare da schiavo a quest'ultimo; e si consideri che al rifugiato politico reale, magari persino connazionale dell'altro fatto passare per tale, possa andare ancora peggio.

La disintegrazione del tessuto sociale in favore di oligopoli nazionali facilita inoltre il fenomeno della riserva indiana per alcuni soggetti invece realmente interessati e impegnati in un processo integrativo.

Tuttavia, con l'allontanamento e l'assenza dei nativi dello Stato ospitante, questi sono portati verso il peggioramento delle condizioni di vita generali perché li si impossibilita ad imparare correttamente la lingua – impedendo loro di comunicare – e a conoscere, analizzare ed apprezzare il contesto politico, sociale e culturale nel quale sopravvivono ma che li rigetta, viste le condizioni di immersione in contesti alieni a quello ospitante.

Si tratta degli stessi ambienti composti da membri ostili agli estranei e arroganti con quelle da loro definite «razze diverse dalla loro» salvo poi essere pronti a gridare al razzismo quando conviene tornare a recitare i panni della vittima incompresa che, nella stragrande maggioranza dei casi, si ricorda del Paese in cui è emigrata per bussare a soldi.

Questi casi emblematici possono essere testimoniati da chiunque emigri per lavorare e, imbattendosi nei lavori stagionali, sia messo in guardia dagli stessi colleghi come Claudiu che, per spiegare la situazione ai nuovi arrivati, consiglia loro di «guardarsi bene dagli stranieri. Loro sono i veri razzisti con chi non è nativo, peggio ancora di alcuni tedeschi».

Ogni persona è parte di un contesto che tende a creare e ripetere all'infinito se gli consente di avere un tornaconto vantaggioso ed indipendentemente dal fatto di determinare danni agli altri, ossia ai più fragili.

Quindi, quando il materiale delle scuole per stranieri è scadente ma il professore si lamenta in classe e non muove un dito per cambiare le cose, così come quando non interviene o fomenta persino le guerre interclassiste tra migranti, si perpetua un contesto marcio.

Quest'ultimo si rigenera continuamente proprio a causa di una falsa integrazione rivelatasi poi assimilazione dei tratti economicamente più imprenditoriali e socialmente cinici, trapiantati su organizzazioni criminali di importazione unitesi a quelle politiche eversive locali.

Una volta "capito come funziona qui", si comprenderà anche – fino a diventarne vittime – come una buona fetta di popolazione pensi di poter fare affari scavalcando chi, come loro, ha gli stessi problemi ma, arrendendosi con facilità per mancanza di risorse come conoscenze, lingua, titoli e soldi, dà al loro ego da minus habentes molta soddisfazione.

Naturalmente, ogni contesto sarà una realtà a parte rispetto agli altri: è questa la ragione per la quale si fatica a far funzionare i processi integrativi in società multiculturali complesse, che funzionano anche al loro stesso interno con meccanismi a due o più velocità differenti.

Basti pensare alla comunità italiana nella quale sopravvivono racconti e leggende, degne di Spoon River, soprattutto attorno alla narrazione popolare dell'emigrazione: vista agli estremi come punto d'arrivo per la realizzazione economica prima ancora che professionale, oppure come spreco delle competenze che conduce "inspiegabilmente" alla fuga dei cervelli ridotti ad essere gli ormai mitologici "lavapiatti a Londra", si differenzia dalla visione collettiva turca. Quest'ultima tende infatti, nella difficile quotidianità dei rioni popolari, ad omettere le ragioni che hanno condotto all'abbandono delle proprie terre d'origine in favore di una descrizione quasi idilliaca della Turchia, che cozza con la loro stessa scelta di allontanarsi.
Appare indicativo il caso di Serkan, auto-dichiaratosi giornalista turco emigrato illegalmente in Germania che, durante un confronto avvenuto nella classe di tedesco per stranieri, ha attaccato pesantemente la scelta europea di non includere la Turchia nell'Unione mentre, incalzato sul mancato rispetto dei diritti umani da parte del governo, ha accusato nebulosamente le opposizioni di “terrorismo di matrice comunista curda”.

Per questo l'informazione tedesca, attraverso gli articoli, i lunghi dossier di inchiesta sulla carta stampata e le frequenti trasmissioni televisive di approfondimento sociale e politico, si sta concentrando sull'incremento degli estremismi religiosi e, allo stesso tempo, dei consensi da parte dell'estrema destra post-nazista dell' AFD (Alternative für Deutschland).
Nel corso di una delle ultime puntate della trasmissione "Hart aber fair", trasmessa il 19 giugno sul canale Das Erste, la esponente politica locale e membro dell'organizzazione giovanile della CDU (Christlich Demokratische Union Deutschlands) Lisa Schäfer ha sottolineato la necessità di "educare gli uomini che vogliano integrarsi, a partire dal bisogno di rivedere il loro rapporto con le donne", arginando i fenomeni sempre più frequenti di cat calling per giungere ad una "null Toleranz Politik [politica di tolleranza zero, ndr] che conduca ad una maggiore sensibilità maschile"[14].
Allo stesso modo, il battito d'ali dell'effetto farfalla derivante dalle ultime elezioni politiche turche continuerà a riverberarsi sulle nostre società e, soprattutto, sulla politica interna della Germania, non solo per la legge dei grandi numeri che riguarda gli immigrati turchi e curdi stabilitisi sul territorio, ma anche per le loro scelte in materia di politica locale – col sostegno ai partiti da loro considerati più accoglienti o lassi nei confronti dei nuovi ingressi e della liberalizzazione nella concessione di visti, documenti e permessi -, di segno completamente opposto a quelle perpetuate in Turchia, dove continuano a sostenere Erdoğan con la sua politica nazionalista, discriminatoria nei confronti delle minoranze etniche e sessista nei confronti delle donne, saldamente ancorata ai precetti religiosi prima ancora che alle leggi dello Stato, nonché ai privilegi familiari ed alle corruttele centrali e locali.

Note:

[1] "Generation Erdogan. Molti giovani turco-tedeschi conoscono un solo presidente turco: Recep Tayyip Erdoǧan. Per chi hanno votato in queste elezioni e perché", pubblicato da Tagesschau e scritto da Susanna Zdrzalek.
[2] "Erdoğan oder Kılıçdaroğlu? So haben die Türken in Europa und Deutschland gewählt", articolo tratto da Euronews e scritto da Joshua Askew.
[3] "Jeder Zweite mit Migrationshintergrund", in copertina ed apertura del quotidiano Mannheimer Morgen e scritto da Eva Baumgartner, pubblicato nell'edizione del 15 maggio 2023.
[4] Citazione tratta dall'articolo "Generation Erdogan", di Susanna Zdrzalek su Tagesschau (ibidem).
[5] Estratto dall'articolo "Warum Deutschtürken mehrheitlich Erdogan wählen" (Perché la maggioranza dei turchi tedeschi vota per Erdoğan): "In Turchia sarà difficile per Erdoğan, ma in Germania vincerebbe. Cosa c'è dietro la sua popolarità tra i turchi tedeschi?", pubblicato su Deutsche Welle e scritto da Burak Ünveren. Reperibile seguendo il link.

[6] Citazione tratta dall'articolo "Jeder Zweite mit Migrationshintergrund" di Eva Baumgartner per il Mannheimer Morgen (ibidem).
Il dato statistico, assieme agli altri raccolti nella città in questione, appare anche all'interno di un grafico riportato a pagina 12, il quale ha come sua fonte la MM-Grafik della Città di Mannheim (Stadt Mannheim), ed è datato 31 dicembre 2022.
[7] Tra i numerosi articoli che riportano la realtà di Lupinenstraße con i suoi continui episodi di disordini e violenza urbana, se ne possono citare alcuni tratti dai quotidiani online della città di Mannheim: quello di riferimento, dal quale sono tratti i passaggi contenuti nel testo, è "Controllo della polizia a Lupinenstraße: riscontrate numerose violazioni", scritto da Daniel Hagen.
[8] La citazione è tratta dall'articolo "Wohnprojekt statt Rotlichtbezirk in der Lupinenstraße?", ovvero "Una società di Mannheim vuole realizzare un progetto residenziale a Lupinenstraße. Tuttavia, i piani sono attualmente in sospeso", scritto da Timo Teufert.

[9] Tutte le citazioni virgolettate sono tratte dall'articolo "La vita segreta delle ragazze musulmane", scritto da Maria Teresa Mura, pubblicato da Giornalettismo. Il pezzo riprende a sua volta l'inchiesta pubblicata sul settimanale tedesco Der Spiegel, traducendo alcuni estratti delle rilevanti interviste contenute al suo interno.
[10] Per comprendere meglio le interazioni sulla piattaforma Gutefrage, si possono consultare le domande a partire da una parola chiave digitabile sulla barra di ricerca posta in alto nella pagina, oppure si possono effettuare ricerche seguendo i correlati a partire da alcuni link come i seguenti:
https://www.gutefrage.net/a/frage/wie-erkennt-man-dass-ein-maedchen-noch-keinen-geschlechtsverkehr-hatte
https://www.gutefrage.net/a/frage/was-kann-passieren-wenn-ein-tuerkisches-maedchen-vor-der-ehe-sex-hat
[11] Tutti gli estratti virgolettati sono tratti dall'articolo "Menschenhandel: Hier kann ich wieder Mensch sein". "Squallido, fatiscente, cupo. Molti li associano al mestiere più antico del mondo. Le donne offrono il loro corpo per pochi soldi. Molte delle prostitute di Mannheim provengono dall'estero. Con il sogno di una vita migliore", scritto da Alina Eisenhardt e pubblicato da RheinneckarBlog – Nachrichten&Informationen.
[12] Ibidem, con le dichiarazioni di Julia Wege e Julia Kempl riportate nell'articolo sopra citato, ossia "Tratta di esseri umani: Qui posso essere di nuovo umana".
[13] Estratto dell'articolo "Germany looks back at 50 years of Turkish immigration.
Questa settimana ricorre il 50° anniversario del trattato che portò in Germania centinaia di migliaia di «lavoratori ospiti» turchi, una mossa che modificò radicalmente il tessuto della società tedesca", pubblicato sul sito The Local Germany.
[14] La trasmissione televisiva dalla quale sono tratte le citazioni è ancora guardabile e reperibile all'indirizzo internet Der Fall Rammstein und die Frage: Männer, seid Ihr wirklich noch nicht weiter? - Videos - Hart aber Fair - Das Erste (wdr.de).

04/08/2023 | Copyleft © Tutto il materiale è liberamente riproducibile ed è richiesta soltanto la menzione della fonte.
Credits: https://scenarieconomici.it/wp-content/uploads/2020/01/german-turk.jpg

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L'Autore

Eliana Catte

La città futura

“Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti.”

Antonio Gramsci

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