E' entrato in vigore il 12 novembre il decreto denominato “Sblocca Italia” e fa già tremare i polsi agli ambientalisti e ai comitati cittadini di tutta Italia. Il decreto Sblocca Italia apre la strada alle lobbies del cemento e della speculazione capitalistica, a discapito della tutela ambientale e della valorizzazione del territorio italiano.
E' entrato in vigore il 12 novembre il decreto denominato Sblocca Italia e fa già tremare i polsi agli ambientalisti e ai comitati cittadini di tutta Italia. Il decreto Sblocca Italia apre la strada alle lobbies del cemento e della speculazione capitalistica, a discapito della tutela ambientale e della valorizzazione del territorio italiano.
Il testo affronta diverse problematiche rimaste in sospeso: la gestione delle emergenze tutt'ora irrisolte, come ad esempio la bonifica di siti inquinati, i dissesti idrogeologici dovuti alle alluvioni, la ricostruzione post-sismica; la riorganizzazione di interi settori produttivi (energetico, immobiliare, telecomunicazioni, trasporti, etc.); la razionalizzazione della gestione dei beni comuni, in particolar modo dell'acqua. Ricorderete che nel 2011 un referendum popolare sull'acqua ha ottenuto il 90% di voti favorevoli a mantenerne una gestione pubblica. Ma nel decreto Sblocca Italia, la gestione in house dell'acqua, è solo una possibilità tra le tante e non si esclude affatto che il servizio idrico venga affidato a società private.
La “ratio” dell'intero provvedimento è fondamentalmente contenuta nel presupposto che, in nome dell'emergenza o della rilevanza strategica di certi settori produttivi, è il Governo centrale, tramite poteri sostitutivi, ad occuparsi direttamente della gestione, qualora le Regioni e gli enti locali non siano in grado di rispettare entro certi termini la “tabella di marcia” del nuovo modello organizzativo inaugurato dal decreto. In taluni casi, ritenuti urgenti, come ad esempio la bonifica del sito di Bagnoli (Napoli), secondo quanto sancito dall'articolo 33 del testo, le funzioni amministrative vengono già trasferite allo Stato da subito, saltando tutti i passaggi che avrebbero coinvolto Comune e Regione. Per attuare il programma di risanamento dell'area sono previsti un “Commissario straordinario di Governo” ed un “Soggetto Attuatore” a cui viene concessa la proprietà di tutta l'area da bonificare.
La nomina di entrambe le figure è a discrezione del Presidente del Consiglio dei Ministri. Il caso di Bagnoli è un esempio che viene usato spesso a dimostrazione della teoria secondo cui tutto l'impianto del testo Sblocca Italia tenda a favorire gli speculatori edilizi e le lobbies del cemento e del petrolio. Infatti, è esplicito il paradosso per cui la bonifica viene sovvenzionata con fondi pubblici, seppure la proprietà resta nelle mani del Soggetto Attuatore. Ma c'è di più: il principio secondo il quale “chi inquina paga” viene scavalcato dal concetto che “lo Stato paga” e anche chi ha già inquinato può mantenere la proprietà delle aree da bonificare con fondi pubblici. E' il caso, questa volta, di Brindisi e della discarica di Micorosa, un'area zeppa di sostanze tossiche e cancerogene che hanno raggiunto la falda acquifera e inquinato la riserva naturale delle Saline di Punta Contessa, sostanze rilasciate dalle aziende petrolchimiche che fanno capo all'ENI, colosso economico proprietario dell'area. Nonostante una sentenza del TAR che obbliga l'ENI a sostenere i costi di bonifica, l'azienda avrà la facoltà di utilizzare questi fondi pubblici previsti dallo Sblocca Italia. Così pagheremo l'inquinamento con soldi pubblici, quando dovevano pagare i privati. Per quanto riguarda gli oneri sostenuti dai Comuni, secondo il testo, i costi di bonifica sarebbero stati esclusi dai vincoli di spesa imposti dal Patto di Stabilità.
Ma il giorno dopo l'entrata in vigore del decreto Sblocca Italia, con un successivo decreto legge, il Governo ha fatto dietrofront, riportando ogni spesa sostenuta nei limiti del Patto. Questo ha scatenato le ire dei Sindaci di tutta Italia ma purtroppo, una volta nominato il Commissario straordinario, alle comunità territoriali e agli enti locali restano pochi strumenti, legalmente riconosciuti, per opporsi alle sue decisioni.
Infatti, come stabilito dall'articolo 38 del decreto, la titolarità del procedimento di V.I.A. (Valutazione d'Impatto Ambientale) viene trasferita dalle Regioni allo Stato. I procedimenti in itinere, in virtù di queste norme, devono concludersi entro il 31 marzo 2015, termine oltre il quale passano all'esame del Ministero dell'Ambiente, a cui viene trasmessa tutta la documentazione. E secondo queste nuove disposizioni, sono possibili anche varianti urbanistiche per cui i Comuni non hanno alcun potere di veto, come nel caso della costruzione di gasdotti o di attività di prospezione e ricerca di idrocarburi, attività ritenute di “interesse nazionale, urgenti e indifferibili”. Riguardo alla petrolizzazione del territorio nazionale lo Sblocca Italia non lascia dubbi: nei prossimi anni queste attività verranno incentivate il più possibile, in terra e in mare, anche in mari chiusi come l'Adriatico. Regioni verdi come l'Abruzzo, su cui si scommette per la nascita di un nuovo Parco Nazionale, quello della Costa Teatina, sono da sempre sovraccariche di progetti di questo tipo, al largo delle coste. Cittadini, comitati e associazioni combattono per preservare il patrimonio naturale da possibili inquinamenti: dai nuovi gasdotti (in progetto uno della Snam) alle trivellazioni petrolifere (richieste dalla Enel Longanesi Developments).
Nel frattempo, con questo decreto, si favorisce e si accelera lo sviluppo di questi settori, per attirare gli appetiti delle grandi aziende multinazionali, che non aspettano altro che depredare a proprio vantaggio economico il Paese. Infatti, come sottolineato in un comunicato del Forum dei Movimenti per l'Acqua, le major petrolifere non hanno mai creato posti di lavoro e penalizzano l'economia diffusa in settori come il turismo, le fonti rinnovabili, l'agricoltura. Come se non bastasse, anche l'attività degli inceneritori verrà incentivata grazie al decreto, sminuendo lo sforzo delle Regioni di questi ultimi anni di aumentare le percentuali di raccolta differenziata. Immensi inceneritori potranno lavorare a ciclo continuo, ospitando anche l'immondizia di altre Regioni e devastando l'area circostante, producendo diossine, peggiorando la qualità dell'aria. Lo spostamento di competenze, in materia di idrocarburi, dalle Regioni allo Stato, apre però uno spiraglio di presunta incostituzionalità. Infatti, è il Titolo V della Costituzione che assegna alle Regioni il compito di valutare i progetti relativi agli idrocarburi.
In particolare, l'articolo 38 del decreto Sblocca Italia, prevede un'autorizzazione unica sia per la ricerca che per la coltivazione di idrocarburi applicando, così, erroneamente l'iter procedimentale sia della VAS (Valutazione Ambientale Strategica) sia della V.I.A. (Valutazione d'Impatto Ambientale) escludendo le Regioni, gli enti locali e le comunità interessate. In tal modo, resta possibile per i Comuni o per le Regioni, fare ricorso alla Corte Costituzionale sperando di rimettere tutto in gioco. Infine, è il caso di spendere due parole riguardo al rilancio immobiliare auspicato dal Governo Renzi, le cui misure sono incluse nel decreto. Ci saranno meno vincoli per costruire e sarà più facile avere dei vantaggi fiscali, anche con piccoli escamotage. Leggendo l'articolo 24 è facile dedurre che basta un semplice intervento di “abbellimento delle aree verdi pubbliche” a consentire esenzioni o riduzioni dei tributi dovuti ai Comuni. La norma è talmente vaga che basterebbe anche la disposizione di un paio di alberi per permettere ad un centro commerciale di non pagare le tasse. Su questo punto anche il WWF ha sottolineato che il decreto favorisce gli speculatori edilizi e fondiari che potranno godere anche delle deroghe alla pianificazione urbanistica comunale.
In conclusione, sono tanti i pericoli che questo decreto mette in campo e che hanno comportato un “fronte di opposizione comune” tra associazioni ambientaliste, comitati cittadini, istituzioni stesse, i quali si sono incontrati per protestare davanti a Montecitorio il 15 e il 16 ottobre aderendo all'appello “Blocca lo Sblocca Italia”. L'intenzione di questo provvedimento legislativo segna quella che sarà la linea di condotta della Legge di Stabilità: una prospettiva neoliberista che lascia ampio margine di manovra alla privatizzazione e alla finanziarizzazione di beni comuni e di intere aree territoriali. E' una sorta di dismissione di democrazia, successiva a quella praticata nei luoghi di lavoro dopo la Riforma Fornero e propedeutica alla crisi di democrazia politica che verrà sancita con la nuova legge elettorale (Senato non elettivo, alte soglie di sbarramento, etc). Il progetto di Renzi è un chiaro percorso organico e totalizzante, che tenta di accentrare il più possibile i poteri in un solo Partito e a favore di una sola classe: la classe nemica del Paese e dei lavoratori.